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Ambiente

PRIMO NUCLEO NELLA CITTÀ

OVIDIO CAZZOLA - 26/05/2012

È in particolare evidenza, in questi nostri giorni, il tema della riorganizzazione della città. Nella nostra Regione gli orientamenti da adottare e le prescrizioni previste per la pianificazione sono ancora riferite alla dimensione comunale senza preclusioni per la collaborazione intercomunale.

Se fino agli anni ’60 del secolo scorso gli insediamenti esistenti corrispondevano ancora in larga misura a quanto avevamo ereditato dalla nostra storia, poi tutto cambia. Con l’immigrazione dal Sud, con una nuova richiesta abitativa che non apprezza più il ‘vicinato’ ma che desidera la ‘villetta’, segno di indipendenza (a tre metri dalla villetta vicina) e di nuovo rango sociale. O il condominio con portineria e ascensore nelle zone più centrali urbane. Finalmente liberi, non più condizionati dagli altri. Una vita finalmente nuova e distinta. Invidiata. L’automobile assicurerà gli spostamenti. Servono nuove aree edificabili. Si potranno  quindi consentire nuovi insediamenti nel territorio esterno ai centri urbani saldandoli con i centri minori più vicini.

Ho personalmente vissuto, come urbanista in quella fase, la triste esperienza di Induno Olona che, negando una ragionevole pianificazione, ha voluto la totale, disordinata edificazione del territorio tra la valle dell’Olona e il nucleo storico. Il risultato insediativo a cui siamo arrivati è caratterizzato dalla dispersione sociale, dall’isolamento diffuso che penalizza in particolare le persone sole, gli anziani. Ma non solo.

La Comunità, come una grande famiglia, si può ritrovare  solo dentro problemi e progetti comuni. Tipica è l’occasione che offre la scuola che consente a tanti genitori di confrontarsi per alcuni anni con altri genitori su problemi educativi e organizzativi condivisi.

Ancora: vi è desiderio di associazione, di partecipazione a proposte culturali attive, a progetti sociali. La domanda c’è, ma la città disorganizzata se ne cura poco. O erige ostacoli. La sua immagine, i luoghi che offre per la nostra vita non sono accoglienti. La città è diventata una ‘quantità’ misurata dai suoi metri cubi e aggredita dal traffico veicolare.

Può essere ancora luogo della Comunità? Della grande ‘famiglia’ urbana? Quale città dobbiamo costruire per questo?

La città della speranza, della bellezza, della condivisione. Di una Comunità di persone. Con i suoi ‘segni’ di identità, la sua immagine accogliente, i suoi luoghi di incontro. Che non ha come primaria preoccupazione la realizzazione di autosilo nel nucleo urbano, o di enormi edifici residenziali che fanno incassare oneri di urbanizzazione al Comune. Ma piazze senza auto per l’incontro e diffusi percorsi pedonali e ciclabili.

Una città desiderata per ritrovarci  e progettare insieme la nostra vita. Una città attrattiva che difende il suo ambiente e il suo paesaggio splendido. Una città del confronto congressuale e della ricerca universitaria. Una città che ha capito di essere ormai una concatenazione di diverse storie secolari che riconoscono finalmente di dover avere un destino comune. Che si intreccia anche con la necessità di collaborazione oltre confine.

Tutto questo richiede una forte consapevolezza culturale da tradurre in proposta politica, in deliberazioni condivise nell’ampia città reale prealpina. Ma spaventa la difficoltà delle attuali Amministrazioni comunali e provinciale a capire e ad affrontare la nostra situazione. Spaventano i tempi che trascorrono inutilmente.

Spaventa la possibilità che siano imboccate strade inadeguate irreversibili. Spaventa la miopia di tanti operatori che affrontano problemi parziali al di fuori di una visione complessiva sociale ed economica.

La Comunità urbana è una grande Famiglia che si articola nella città reale. La consapevolezza di appartenervi e di dare il nostro contributo appassionato per il suo futuro è la nostra ambizione.

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