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Società

IMBOTTIGLIATI

GIOIA GENTILE - 16/12/2022

bottigliaDici “messaggi” e pensi a WhatsApp, Telegram, Viber… Agli SMS no: obsoleti. Pensi alla possibilità di comunicare in tempo reale tutto quel che ti passa per la mente e di farlo con più persone contemporaneamente, senza perdere tempo a contattarle una per una, come se ciò che devi dire avesse una scadenza, come se tra un giorno, una settimana, un anno perdesse significato. E la maggior parte delle volte è così, tant’è che ti arrabbi pure se i destinatari non rispondono immediatamente. Una volta che ho tardato a rispondere mi hanno scritto “MA NON LI LEGGI I MESSAGGI?”, proprio così, con caratteri urlati.

Perciò mi ha sorpreso – anche piacevolmente – scoprire che ci sono persone che utilizzano altri media, per così dire. Giorni fa il telegiornale di non so più quale canale, dopo il solito bollettino di guerra, forse per alleggerire l’atmosfera, ha dato la notizia del ritrovamento di un messaggio in bottiglia, nascosto sottoterra circa un secolo fa. E non è tutto: pare siano nell’ordine delle migliaia – se non ricordo male – i pensieri che in un anno vengono affidati soprattutto alle onde del mare.

La cosa mi ha incuriosito e ho fatto qualche ricerca sul web. Non ci crederete, ma c’è addirittura un museo che conserva le numerose bottiglie ritrovate sulle spiagge. È il Museo Nazionale di Turks & Caicos (isole a sud della Florida) che ha istituito nel 2001 la sezione “Museo dei messaggi in bottiglia”. E c’è anche chi, per adeguarsi ai tempi, ha creato siti a cui si può affidare il proprio messaggio, che poi sarà gettato in mare debitamente sigillato in un contenitore di vetro.

In Italia, Roberto Regnoli, un chirurgo ortopedico in pensione, invece usa internet per raccogliere gli scritti ritrovati nelle bottiglie, li studia attentamente (non sempre sono decifrabili) e li cataloga per annate. Sul suo sito “Messaggi del mare” comunica regolarmente gli aggiornamenti e chiede anche l’aiuto di coloro che ne avessero ritrovato uno.

Inevitabile, a questo punto, che mi chiedessi che cosa induce oggi, nell’epoca del tutto e subito, ad utilizzare il mare come postino. Un tempo questo sistema serviva a studiare le correnti oppure, durante le guerre, ad inviare informazioni segrete sulle posizioni nemiche, come faceva la flotta britannica ai tempi di Elisabetta I, che aveva addirittura creato un’apposita figura di ufficiale, l’Uncorker of Ocean Bottles, che – solo – aveva il compito di aprire la bottiglia e leggere il messaggio. Ma per noi, persone comuni, che senso può avere?

Credo che la molla sia il bisogno di rallentare la corsa, di immaginare, di approfondire, ma soprattutto il desiderio di immortalità, la speranza che un giorno – fra un anno o cento – qualcuno sappia che sono esistito, che ho amato, sognato, pensato. È la sensazione di potenza e di infinito, che il mare suscita, ad infondere questa speranza. La stessa sensazione che aveva indotto gli antichi a riconoscerlo come divinità.

Alla fine mi sono ritrovata a pensare come sarebbe bello se gli auguri per le prossime festività, o almeno quelli che siamo abituati a ripetere sui social decine di volte, quasi a voler sottolineare la nostra esistenza in vita, fossero affidati alle onde o alla terra e raggiungessero chissà chi e chissà quando, per un incontro di anime.

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