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Ritratti

ROMANTICO BANDITO

MAURO DELLA PORTA RAFFO - 13/01/2023

carcereAlterne fortune, lunghi difficili e meno difficili momenti trascorsi nei più differenti ambienti, conseguenti eterogenee frequentazioni molte delle quali trasformatesi in durature amicizie…

Tra queste, solida fino all’ultimo, quella con Rudy.

Grosso e all’apparenza (all’apparenza, se non gli facevi girare i maroni) brutale e incontrollabile, ex legionario (e i suoi ricordi, in particolare quelli relativi alle imprese compiute dalla Legione Straniera in Madagascar quando i cadaveri dei nemici come quelli dei commilitoni dovevano essere bruciati con i lanciafiamme immediatamente dopo il trapasso per impedire il diffondersi delle epidemie, erano davvero affascinanti), uomo ricco di discutibili (ma quali non lo sono, di grazia?) ideali, romantico bandito (così appariva a se stesso e tale si raccontava come quel giorno in cui ad una nostra comune amica che si lamentava del comportamento del figlio disse “Guarda che se vuoi te lo ammazzo io”), galeotto, solo un ‘picchiatore fascista’ per i molti che non ne hanno saputo cogliere l’essenza, divertente narratore orale, furbo, umano, amicone e iracondo, capace di abbracciarti forte forte e pronto alla rissa immediatamente dopo, per anni Rudy è stato ogni giorno il mio primo incontro.

Invariabilmente, allorquando, verso le sette meno un quarto del mattino, in pigiama e cappotto (se d’inverno) o in pigiama e impermeabile (d’estate), mi dirigevo verso l’edicola di piazza Monte Grappa per comprare i giornali, lo trovavo, camicia aperta e catene d’oro al vento qualunque fosse la temperatura, nevicasse o splendesse il sole, appoggiato alle transenne che si collocano davanti al palazzo parzialmente occupato dall’INPS.

Stretta di mano reciprocamente vigorosa, scambio di battute, invito da parte sua a bere un grappino (una provocazione tesa a sottolineare quella che riteneva una mia grave manchevolezza visto che sapeva benissimo che sono astemio), e via.

Di quando in quando, se un particolare accadimento del giorno prima lo meritava, una più lunga conversazione.

E molti, molti insegnamenti: “Se ti capita questo o quello”, mi diceva, “comportati così e così”.

Fra tutti – prezioso perché, dentro dentro, nessuno mi toglieva dalla mente che prima o poi sarebbe toccato anche a me – come ci si deve comportare in caso di arresto e di conseguenti ingresso e permanenza in galera.

“Allora”, perentorio e sapendo bene, per ripetute, sbandierate, esperienze, quel che andava affermando, “per prima cosa, quando entri, sputa in faccia al brigadiere. Ti manderanno in isolamento.

Per punizione, pensano.

Ma vuoi mettere startene da solo in cella e non insieme a chissà chi?”

“Poi”, e seguiva un elenco di prigioni le più diverse e le più sparpagliate sul territorio, “se sei a Varese (se sei a San Vittore, se sei qui, se sei lì…), cerca di farti mettere nella cella numero…

È l’unica con due finestre: hai una doppia vista e ti riesce molto più facile cambiare aria (oppure, “A San Vittore la numero…è quella più comoda perché…” e via di seguito)”.

Gli ho voluto bene e lui – lo so per certo – ne ha voluto a me!

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