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Opinioni

STAFFETTA

GIUSEPPE ADAMOLI - 03/02/2023

candidatiLa Lombardia ha il sesto PIL d’Europa. Non tanto e non solo per i suoi quasi 11 milioni di abitanti e le sue dodici province con città di interesse storico ma per la sua capacità di lavoro e di innovazione, la sua qualità umana, insomma la sua civiltà.

Milano merita naturalmente la prima considerazione: un centro mondiale della finanza, della moda, della cultura. La discussione se sia tale perché si è giovata delle tante città che la circondano o se siano queste ad averne tratto vantaggio è interessante per l’analisi sociologica, molto meno per l’azione istituzionale. Improponibile, ad esempio, il confronto con il Lazio stradominato da Roma capitale che ha probabilmente nel suo destino di diventare una città-stato.

Detto di Milano, la Lombardia è una regione con una pluralità di centri con una propria elevatissima dinamicità e vitalità sottolineata proprio negli ultimi giorni da Bergamo e Brescia “Capitali della Cultura 2023”. La dimensione demografica, sociale ed economica del territorio comporta che l’istituzione Regione, nata nel 1970, abbia un importante ruolo regolatore, di programmazione e di promozione mentre dovrebbe restare lontana dal centralismo burocratico inefficiente che recentemente l’ha molto frenata.

Serve una Regione che esprima un fortissimo senso di comunità. Dove la Sanità pubblica e i servizi sociali siano una priorità. Dove le infrastrutture ferroviarie e di trasporto siano i pilastri dell’integrazione socio-economica. Dove l’urbanistica preservi o migliori l’ambiente. Dove la formazione professionale non lasci indietro nessuno, italiano o immigrato.

E’ davvero così oggi? Secondo Giuseppe Guzzetti, il presidente più longevo della Lombardia dopo Roberto Formigoni, e presidente della Fondazione Cariplo fino a tre anni fa: “La Regione è ferma, perde primati, è in una stasi che dura da troppi anni, è necessario cambiare”.

Il bisogno dell’alternanza di governo emerge chiaramente dal confronto fra la spinta delle città e la Regione che arranca. Facciamo il caso di Milano che negli ultimi decenni ha avuto amministrazioni di diverso colore politico. Prima Gabriele Albertini e Letizia Moratti di centrodestra, poi Giuliano Pisapia e Giuseppe Sala di centrosinistra: appare evidente il vantaggio goduto da Milano con il cambiamento politico. E potrei aggiungere l’analogo esempio di Varese visto che vivo da queste parti.

Non è solo una questione di uomini o donne, ma di diversità culturali e politiche di cui un territorio può avvantaggiarsi per la forza innovativa, per la messa in angolo di pigrizie mentali e di sistemi che si sclerotizzano. E’ questione di dare alle più forti visioni sociali l’opportunità di misurarsi con il governo della propria regione.

Penso che se un tale cambiamento alle prossime elezioni del 12/13 febbraio ci sarà, la società lombarda ne trarrà giovamento. Tanto più se sarà netta e visibile l’alternativa politica ai 28 anni che abbiamo alle spalle.

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