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Parole

PASSO INDIETRO

MARGHERITA GIROMINI - 24/02/2023

Jacinda Ardern, dimissionaria in Nuova Zelanda

Jacinda Ardern, dimissionaria in Nuova Zelanda

Dimettersi è un costume poco diffuso nel nostro paese. Da incarichi di prestigio ancora meno.

Nutro qualche dubbio sulla quantità di dimissioni rassegnate da politici, amministratori delegati, presidenti di enti e di associazioni: temo che sia un numero davvero limitato.

È in crescita al contrario il fenomeno dei “comuni mortali” dimissionari dal proprio lavoro, soprattutto dopo i mesi della pandemia.

Nell’anno appena trascorso, stando a fonti ufficiali, nel nostro paese un milione e 600 mila persone si sono dimesse dal proprio lavoro. Una delle motivazioni più frequenti è che si cercano dimensioni esistenziali più favorevoli.

La sorpresa è ben più grande quando a dire basta e a uscire di scena sono alti dirigenti, donne o uomini.

Nel giro di poco tempo tre donne importanti hanno rinunciato a incarichi di alto livello: hanno lasciato Jacinda Ardern, premier neozelandese, Nicola Sturgeon, premier scozzese e Susan Wojcicki, amministratrice delegata di YouTube.

C’è interesse per vicende come queste che sono piuttosto rare: perciò i media vanno a caccia di spiegazioni che possano chiarirne le motivazioni.

Stanchezza, esaurimento delle risorse mentali e fisiche, una famiglia che reclama maggiori attenzioni sembrano le spiegazioni più scontate. Mentre si fanno strada sottili insinuazioni sulle reali capacità delle suddette signore: altro che ricerca di una certa qualità della vita, non sarà invece che un fallimento politico o aziendale le abbia convinte di non essere all’altezza?

Retropensieri di stampo maschilista ma non solo: secondo il comune sentire chi lascia un posto del genere sta pagando per qualche passo falso. Dopo tanta fatica per infrangere il famigerato soffitto di cristallo, si abbandona solo quando manca il controllo su lavoro, figli, casa, amicizie.

Non si riesce ad accettare l’idea che si rinunci a un incarico di potere per un atto di estrema libertà.

Noi italiani siamo abituati a confrontarci con modelli inossidabili di potere, appartenenti soprattutto a politici, che pur avendo superato la terza età e accumulato numerose e importanti cariche nel corso della lunga vita pubblica, non si dichiarano mai pronti a lasciare: ingenerosità verso le generazioni che seguono e in primo luogo verso se stessi.

Impegni e responsabilità possono schiacciare e appiattire la vita sul presente.

Fare un passo indietro, o di lato, in questo momento storico attiene in numero maggiore alle donne.

La rinuncia al potere, nel caso di Ardern, Sturgeon, Wojcicki, come scelta di vita è un messaggio forte, quasi un atto rivoluzionario, una ribellione salvifica dalle pressioni di una vita vissuti ai vertici, sempre più stressante e fagocitante.

Ha scritto in un post la Ardern:” Noi politici facciamo tutto quello che possiamo per tutto il tempo che possiamo, poi a un certo punto è ora di andare”.

Termino con un verso di Amelia Rosselli, una donna, una poetessa: “La vita è breve e sempre grave il ritardo”.

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