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Chiesa

FINANZA MORALE

SERGIO REDAELLI - 03/03/2023

Il torrione di Niccolò V sede della banca vaticana

Il torrione di Niccolò V sede della banca vaticana

Nuova stretta sulla gestione del patrimonio della Santa Sede. Giovedì 23 febbraio papa Francesco è intervenuto con un Motu proprio, provvedimento avente forza di legge, per ribadire che tutti i beni mobili e immobili, incluse le disponibilità liquide e i titoli che siano stati o che saranno acquisiti dalle istituzioni curiali e dagli enti pontifici, sono beni pubblici ecclesiastici e come tali “di proprietà della Santa Sede nel suo complesso e appartenenti quindi al suo patrimonio unitario, non frazionabile e sovrano”. Troppi scandali e perdite milionarie si sono verificati in passato, ora servono trasparenza, ordine e regole negli investimenti vaticani.

Il processo in corso contro il cardinale Angelo Becciu e i finanzieri interni ed esterni alla Segreteria di Stato per l’incauto acquisto del palazzo in Sloane Avenue a Londra, costato 300 milioni e rivenduto a 186, deve rappresentare il passato. Il nuovo principio, intitolato Diritto Nativo, chiarisce una volta per tutte le finalità del patrimonio finanziario che ammonta a circa 4 miliardi tra Santa Sede, Governatorato, Obolo di S. Pietro e altri fondi. D’ora in poi i singoli enti dovranno acquisire e utilizzare i beni “non come privati proprietari ma nel nome e nell’autorità del pontefice per il perseguimento delle finalità istituzionali al servizio della Chiesa”.

Dovranno insomma agire da buoni amministratori “con la prudenza che la gestione del bene comune richiede”. Il provvedimento s’inserisce nel solco delle riforme tracciate dal pontefice con la Costituzione apostolica Praedicate Evangelium del marzo 2022 e prima ancora con le riforme economiche e amministrative. Non contiene nuove regole o competenze ma ribadisce i concetti. È l’ennesima conferma del cambio di marcia morale che Francesco ha impresso alla finanza vaticana. Un percorso passato nel 2015 dall’accordo con gli Usa su fisco e antiriciclaggio, proseguito con il varo del nuovo statuto dello Ior, la banca vaticana, attraverso i revisori esterni, il board laico di governo e le restrizioni amministrative.

Con un rescriptum del papa, una sorta di decreto-legge, nel settembre scorso era diventato operativo il passaggio di liquidità e attività finanziarie dalle istituzioni curiali all’apposito conto dell’Apsa (Amministrazione del patrimonio della sede apostolica) aperto presso lo Ior che gestisce i beni della Santa Sede e delle istituzioni collegate. In questo modo sono rientrati nei forzieri del torrione di Niccolò V i titoli dei capitali sparsi per il mondo, in Italia, Svizzera e nei “paradisi fiscali”. Oltre ai dicasteri vaticani, la norma riguarda alcune fondazioni come l’ospedale Bambin Gesù, la Casa Sollievo della Sofferenza di padre Pio da Pietrelcina e il Fatebenefratelli.

Anche l’Obolo di S. Pietro, cioè le offerte che giungono dai fedeli di tutto il mondo per le attività del papa, era depositato in Svizzera dalla Segreteria di Stato. Con Francesco lo Ior, l’Istituto per le opere di religione, ha recuperato un’immagine internazionale. In passato fu accusato di essere coinvolto negli affari illeciti di Michele Sindona, nelle vicende che portarono al crac del Banco Ambrosiano e alla misteriosa morte di Roberto Calvi, trovato impiccato sotto il ponte dei Frati Neri a Londra. Per non dire dei sospetti all’epoca della presidenza Marcinkus il cui motto era “mettiamo i soldi dove rendono di più, non si può dirigere la Chiesa con le avemaria”.

Grazie all’azione del papa argentino l’Agenzia delle entrate americana ha inserito la Santa Sede tra gli enti che, in tema di sicurezza finanziaria, si sono dati norme di verifica conformi ai parametri internazionali. In pratica gli Usa riconoscono la banca vaticana come intermediario qualificato per operare sui mercati. Non è un caso che proprio dallo Ior sia partita la segnalazione di un’anomalia nello strapagato acquisto dell’immobile in Sloane Avenue a Londra. Al centro la sospetta richiesta di fondi per 150 milioni allo Ior per rinegoziare un mutuo, richiesta passata attraverso l’azione di controllo a cui la banca è tenuta con i nuovi standard.

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