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Pensare il Futuro

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MARIO AGOSTINELLI - 07/04/2023

Una delle isole di Vanuato

Una delle isole di Vanuato

Il dramma del cambiamento climatico, che ci tocca così da vicino con la siccità anche nella zona prealpina, ha dimensione globale e si presenta con manifestazioni assai diversificate in diversi continenti, a varie altezze, ai bordi degli oceani. Gli Stati del mondo più potenti, sia economicamente che per popolazione e forza militare, guidano gli incontri delle varie “Cop” (siamo alla 27!), dove i risultati non sono purtroppo all’altezza della rapidità rovinosa del riscaldamento del Pianeta.

Ci sono tuttavia piccole nazioni e località sperdute che sono particolarmente esposte e che potrebbero addirittura scomparire, sommerse dall’innalzamento dell’acqua del mare. Queste Nazioni sperdute, quasi sconosciute, si stanno ponendo come punta di diamante della lotta per il governo del clima. È il caso di Vanuatu, un Paese del Pacifico soggetto a disastri, che ha ottenuto l’approvazione delle Nazioni Unite per portare la questione alla Corte internazionale di giustizia. Vanuatu fa anche parte di un gruppo di nazioni insulari vulnerabili che premono per un trattato globale di non proliferazione dei combustibili fossili e, come molte altre isole basse, è in prima linea per i rischi climatici.

Sei villaggi su quattro delle sue isole sono stati trasferiti, poiché l’innalzamento del livello del mare, segno rivelatore del cambiamento climatico, ha reso le riserve idriche così salate da essere imbevibili. I cicloni e le acque oceaniche più calde hanno distrutto le barriere coralline. Il suo bene più prezioso è il tonno, ma i pesci si stanno sempre più allontanando dalle acque territoriali di Vanuatu man mano che gli oceani si riscaldano.

Vanuatu ha una popolazione di 300.000 abitanti ed ha chiamato in causa tutte le nazioni dei cinque continenti per chiedere alla più alta corte del mondo di soppesare una questione ad alto rischio: i Paesi possono essere citati in giudizio ai sensi del diritto internazionale per non aver rallentato il cambiamento climatico?

La mozione è stata portata all’ONU e la misura è stata approvata per consenso, il che significa che nessuno dei 193 Stati membri ha chiesto un voto. La Sala dell’Assemblea Generale è esplosa in un applauso.

Il fatto che sia stato adottato all’unanimità riflette la frustrazione diffusa per il fatto che le emissioni di gas serra che riscaldano il pianeta e provocano il caos nelle nazioni più povere non vengono ridotte abbastanza rapidamente. L’inizio di questa storia è un’assemblea di studenti delle isole del Pacifico, nella facoltà di giurisprudenza dell’Università delle Fiji. «E se andassimo fino all’Onu?», si sono detti. Sono quelle distanze che ti permetti di pensare di poter percorrere solo in un momento di sfrenata ambizione e speranza. E un’ambiziosissima speranza è esattamente quello che ci serve, a questo punto della storia.

Il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, ha affermato che la mossa «aiuterebbe l’Assemblea generale, le Nazioni Unite e gli Stati membri a intraprendere l’azione per il clima più audace e più forte di cui il nostro mondo ha così disperatamente bisogno».

In sostanza, con questa risoluzione, le nazioni del mondo chiedono alla Corte internazionale di giustizia, con sede a L’Aia, di emettere un parere sulla questione se i governi abbiano “obblighi legali” per proteggere le persone dai rischi climatici e, soprattutto, se il mancato rispetto di tali obblighi potrebbero portare “conseguenze legali”.

Il parere del tribunale internazionale non sarebbe vincolante. Ma, a seconda di ciò che afferma, potrebbe potenzialmente trasformare gli impegni volontari che ogni Paese ha assunto nell’ambito dell’Accordo di Parigi sul clima in obblighi legali ai sensi di una serie di statuti internazionali esistenti, come quelli sui diritti dei bambini o la Dichiarazione universale dei Diritti dell’umanità. Ciò potrebbe, a sua volta, gettare le basi per nuove rivendicazioni legali.

Anche se il parere della Corte dell’Aia non sarà vincolante, farà giurisprudenza e inclinerà ancora di più il piano che vede nei tribunali un luogo più adatto per combattere la crisi climatica rispetto ai parlamenti e alle sedi dei governi.

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