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Storia

PRESUNTO ANNEGATO

SERGIO REDAELLI - 14/04/2023

L'autoritratto del Fiamminghino in S. Eusebio a Peglio

L’autoritratto del Fiamminghino in S. Eusebio a Peglio

Dove morì il pittore Giovanni Mauro della Rovere (1575-1640), il più giovane dei due fratelli Fiamminghini (il soprannome deriva dalla lontana origine da Anversa) che affrescarono gli interni del santuario di S. Maria del Monte? Morì a Milano e vi è sepolto come sostiene l’autorevole dizionario biografico Treccani o annegò travolto dai gorghi del torrente Liro che scorre in provincia di Sondrio nei pressi di Peglio, dove il minore dei due fratelli visse a lungo, prese moglie, ebbe due figli e affrescò nella parrocchiale di S. Eusebio il Giudizio Universale, l’Inferno, il Martirio di S. Eusebio, l’Incoronazione della Vergine e la cappella del Crocifisso?

Un documento conservato nell’archivio parrocchiale di S. Maria del Monte riprende una corrispondenza da Gravedona, pubblicata dal giornale “L’Italia” il 5 marzo 1958, secondo cui durante i lavori di scavo effettuati nell’ex casa denominata dei Preti nel Comune di Peglio, nell’alto lago di Como, sotto la volta dello scantinato alla profondità di un metro e mezzo, fu rinvenuto un loculo di mattoni rossi contenente uno scheletro umano in perfetto stato di conservazione. All’altezza della mano destra erano depositati due cucchiaini di rame di pregevole fattura con impressa una piccola campana e un bottone di legno a quattro fori con incisa la lettera F.

Si presume – afferma il giornale – che siano i resti del celebre pittore seicentesco Giovanni Mauro della Rovere, detto il Fiamminghino, morto tragicamente nel torrente della valle del Liro, sotto Peglio. L’ipotesi che i resti appartengano a lui è avvalorata dalla campanella impressa sui cucchiaini che distinguevano la posateria della famiglia Della Rovere e dalla lettera F incisa sul bottone. L’articolo ricorda i trascorsi del defunto pittore nel paesino dell’alto Lario e aggiunge che, chi volesse conoscerne l’aspetto, può farlo nel battistero della parrocchiale di S. Eusebio: nella chiesa è infatti conservato l’autoritratto in costume spagnolo.

Giovanni Mauro della Rovere posò per sé stesso con una lunga spada nella mano sinistra e il braccio destro appoggiato sulla gerla di una contadina. Del corsetto che indossa, precisa l’attento cronista, si vedono cinque bottoni a quattro fori con la lettera F incisa sopra. Il morto annegato era dunque Giovanni Mauro? O piuttosto il fratello maggiore Giovanni Battista che secondo il dizionario biografico Treccani morì in epoca e circostanze misteriose? La fonte scrive infatti che G. Battista “morì prima del 1633, anno in cui non compare più fra gli abitanti della parrocchia di S. Pietro all’Orto di Milano dove la famiglia risiedeva dal 1610”.

Un mistero tuttora irrisolto. Giovanni Mauro della Rovere, attivo con il fratello ai Sacri Monti di Varallo e Orta, lavorò ai “quadroni” di Carlo Borromeo nel duomo di Milano. Allievo dei Procaccini, dipinse a Varese nel 1621 “L’incredulità di S. Tommaso” nella chiesa di S. Pietro a Biumo Inferiore e nel 1633 la pala con “La visione di S. Bernardino” a Somma. Tra il 1630 e il 1637, nel santuario di S. Maria del Monte, affrescò la navata di sinistra, le pareti e parte delle volte della navata centrale con l’Assunzione e l’Ascensione, le Sibille e i Profeti e le Storie della Vergine. Lasciò la firma e la data sul libro tenuto da una delle Sibille.

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