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Economia

INDUSTRIA VARESINA E RIPRESA POSSIBILE

GIANFRANCO FABI - 02/06/2012

Da dove passa la strada della crescita? Sono ormai decenni che l’Italia si trova di fronte ad una sostanziale incapacità di far crescere un’economia soffocata da troppi elementi negativi di carattere strutturale. E la provincia di Varese, anche se è riuscita in molte occasioni a mettere a frutto importanti scelte di rinnovamento industriale, non può che restare inevitabilmente condizionata da uno scenario esterno fortemente negativo.

La crisi che stiamo vivendo è particolarmente complessa perché è determinata da elementi diversi e sovrapposti. In prima fila c’è il fatto che alle difficili condizioni congiunturali di tutta l’economia europea (esclusa solo la Germania), si sommano elementi strutturali contro i quali è difficile combattere: il calo demografico che riduce la potenzialità di crescita dei consumi, il peso dell’imposizione fiscale che toglie alle imprese risorse per innovazione e investimenti, la complessità burocratica che unita alle rigidità sindacali limita la dinamica delle imprese.

Si tratta di elementi che meriterebbero attenzione e soprattutto interventi, ma la cui soluzione (ammesso che ci si muova in questa direzione, e la politica appare complessivamente inadempiente) richiederebbe comunque tempi lunghi con effetti positivi molto lontani.

C’è un elemento tuttavia a cui si può agganciare il tentativo di invertire il circolo vizioso della crisi: un circolo che ora è fatto da meno consumi, meno produzione, meno posti di lavoro, meno redditi e così via. In teoria basterebbe agire anche su di uno solo di questi fattori per fare diventare virtuoso questo circolo dell’economia: più produzione, più posti di lavoro, più redditi, più consumi… e così via.

Ebbene nella loro assemblea annuale gli imprenditori della provincia di Varese hanno indicato una strada realisticamente ambiziosa. Nel suo intervento (dal titolo significativo “Insieme per vincere nel mondo”) il presidente Giovanni Brugnoli infatti ha puntato l’attenzione sulla dimensione internazionale. Se è vero, come è vero, che gli Stati Uniti da una parte e i paesi emergenti (dalla Cina al Brasile, dalla Russia alla Turchia) stanno continuando a crescere a ritmi molto elevati, e se è altrettanto vero che il “made in Italy” costituisce un elemento di eccellenza riconosciuto a livello mondiale, allora agganciare la domanda mondiale può essere una delle mosse strategicamente più azzeccate.

Ma non si tratta solo di esportare di più (cosa peraltro non facile soprattutto per le piccole e medie imprese), si tratta di entrare in una logica di internazionalizzazione fatta di tanti elementi diversi che vanno dall’elaborare strategie di rete alla capacità di attirare investimenti dall’estero, dal partecipare ad iniziative all’estero all’utilizzazione delle nuove potenzialità delle tecnologie dell’informazione.

Quindi andare all’estero per rafforzare i propri capisaldi, per offrire in Italia maggiori possibilità di specializzazione, per vincere con nuovi strumenti la difficile sfida della competitività.

Per l’industria varesina, e quindi per i posti di lavoro, la prospettiva appare fondamentale e costituisce la naturale evoluzione della logica della ristrutturazione e dell’innovazione. E le possibilità sono reali.

Non solo la Cina, che insieme ad una crescita impetuosa racchiude tuttavia molti aspetti ancora problematici per la presenza estera, ma forse soprattutto la Russia e il Brasile possono offrire spunti interessanti. Al di là dei giudizi politici a Mosca sembra aprirsi un periodo di sostanziale stabilità politica e di grandi disponibilità economiche per lo sfruttamento del petrolio e del gas naturale. E in Brasile sembra affermarsi una pur difficile maggiore eguaglianza sociale peraltro con la creazione di un ceto medio con modelli di consumi occidentali.

Nonostante una crisi che continua ad essere una crisi globale le opportunità ci sono. E sono opportunità che possono veramente rimettere in moto un’industria, come quella italiana, che ha il fiato grosso, ma che ha comunque anche i mezzi per affrontare con fiducia le nuove sfide. E per rilanciare quindi anche l’occupazione, soprattutto per i giovani.

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