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Attualità

QUANTO SMART È IL LAVORO

SANDRO FRIGERIO - 25/05/2023

Valentina Crespi – Confindustria Varese

Valentina Crespi – Confindustria Varese

“Lascia o Raddoppia”? Tra un mese, dopo un paio di proroghe normative, calerà il sipario su una serie di automatismi che hanno sin qui reso possibile lo smart working, o più in generale sulle varie modalità per svolgere il lavoro fuori dai locali aziendali. Il 30 giugno verranno meno anche le ultime norme che, salvo alcune eccezioni, permettevano ad alcune categorie, come i genitori di figli fino a 14 anni e “caregivers”,  di lavorare da casa. La materia sarà quindi demandata ad accordi aziendali o individuali (art. 19 della Legge 81/2017). Che cosa succederà allora in provincia di Varese?

La pandemia è stata un macigno scaraventato nello stagno. Se solo tre anni fa si discuteva di argomenti come il “diritto alla disconnessione” perché numeri sempre crescenti di lavoratori non si sentissero in dovere di consultare la posta e di rispondere ai messaggi a qualsiasi ora, il lockdown  ha finito con l’imporre ad aziende e lavoratori modifiche organizzative, in alcuni casi “subite”, in altri “auspicate”. Con la fine dell’emergenza, che cosa è rimasto?

Quel che è certo è che se sono coinvolte le aziende, ancor di più lo sono i lavoratori della provincia, viste le decine e decine di migliaia che ogni giorno in auto o in treno si spostano in direzione di Milano e dintorni, dove ancor maggiore è l’uso dello smart working. “In provincia di Varese abbiamo livelli paragonabili o la quelli nazionali seppur inferiori alla media lombarda, per il semplice motivo che da noi ha un peso maggiore la manifattura e le dimensioni medie aziendali sono un po’ minori, di conseguenza ci sono meno ruoli che possono essere svolti fuori dall’azienda”, spiegano negli uffici di Confindustria Varese, che lo scorso anno ha condotto un’indagine sullo smart working, che ha coinvolto un campione di 128 aziende nel terriorio, non solo strettamente manifatturiere, per 24 mila dipendenti complessivi.

Secondo questi numeri, in provincia di Varese a inizio 2022, con ancora la “coda lunga” del Covid, il 38,3% delle aziende utilizzava lo smart working, in linea con la media nazionale del 37,6% ma molto sotto il 56,2% del campione regionale, pesantemente influenzato dalla forte componente dei servizi, concentrati nell’area milanese. Se si guarda invece allo smart working “strutturale”, cioè non legato all’emergenza e proiettato anche per i prossimi due anni, la percentuale scende al 27,9% delle aziende a Varese, al 20,3% in campo nazionale e al 45,9% il Lombardia. Basso invece il numero dei lavoratori coinvolti nelle imprese del Varesotto: rispettivamente il 10,2 e il 6,6% (strutturale), segno che  le aziende più grandi del territorio hanno una forte componente di produzione: smart working più facile negli uffici ma difficile in fabbrica.

La “frenata” insomma è cominciata. L’Osservatorio del Politecnico ha appena censito un calo tra il 2021 e il 2022 dei lavoratori da remoto da 4,1 a 3,6 milioni, di cui la metà nelle grandi imprese (1,84 milioni, con ormai il 91% delle grandi imprese in Italia coinvolte) e calo marcato nella pubblica amministrazione. Fisiologica “fine emergenza” o “ripensamento”? In sede confindustriale si conferma che “ormai il tema è aperto, sempre più spesso, i nuovi assunti nelle aziende chiedono, accanto all’aspetto retributivo elementi di welfare e forme di lavoro agile”. La tendenza è  il lavoro ibrido, con alcuni giorni in azienda  e altri “flessibili”, dove non ci si nasconde il problema di organizzare questa flessibilità e garantirne la sicurezza. Anche le uscite dalle aziende di questi ultimi due anni fatte da lavoratori giovani e alla ricerca di condizioni di minor stress hanno lasciato il segno e spazio per riflessione.

“Il tema è anche culturale: la flessibilità di orario, la possibilità di fare smart working, la conciliazione dell’impiego lavorativo con la vita privata, le politiche di welfare aziendale sono le tematiche che oggi interessano alle persone. Non verte più tutto solo sul riconoscimento economico”, dice Valentina Crespi, Coordinatrice dell’Area Relazioni Industriali, Lavoro e Welfare di Confindustria Varese . Lo smart working permette più tempo libero: per i lavoratori significa anche avere modo di dedicarsi maggiormente e con più facilità all’educazione dei figli o all’assistenza dei genitori anziani. Oggi le persone vogliono far parte di una realtà lavorativa in cui possano condividere dei valori e sentirsi realizzati sotto l’aspetto professionale e personale. Ecco che allora le imprese devono adottare  nuovi modelli organizzativi per stare al passo con l’approccio che le nuove generazioni ,e non solo ,hanno con l’occupazione. Confindustria Varese ha dato vita al Progetto ‘People, l’impresa di crescere insieme’. La partita della competitività si gioca anche e soprattutto sulle persone, sulla capacità di attrarre talenti, saperli coltivare e fidelizzare”.

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