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L'antennato

STORYTELLING

STER - 02/06/2023

sanremoIl concetto è noto fin dai tempi dell’antica Grecia: “l’invidia degli dei” porta alla rovina anche il più corrusco degli eroi.

Nei ben più prosaici tempi televisivi che ci è dato in sorte vivere e che in queste righe umilmente commentiamo, gli dei sono certamente quelli del centrodestra da poco al potere e gli eroi nel mirino sono i divi ritenuti non allineati con quello che – con termine orrendo – viene definito il nuovo “storytelling” che si vuol dare dell’Italia contemporanea dagli schermi Rai.

Nelle ultime ore, in particolare, come nave in gran tempesta vacilla tra i marosi il Festival di Sanremo a guida di Amadeus; è andato troppo bene e la cosa non va giù a molti: già ne accennavamo nella precedente rubrica, ma le notizie sul punto si succedono tumultuose.

Ricapitoliamo: le ultime quattro edizioni del Festival canoro sono state tra le più brillanti degli ultimi decenni, in un crescendo di ascolti e di qualità media della proposta musicale davvero notevole, tale da rendere il palco dell’Ariston appetibile anche ai grandi nomi che sempre lo hanno rifuggito, e sempre più interessante alle schiere di ragazzini che sono i massimi fruitori di musica. Si calcola, posto che queste sono cifre sempre molto opinabili in difetto, che l’ultima edizione della kermesse sia costata alla Rai meno di quattro milioni di euro ma ne abbia fruttati quasi tre volte tanti.

A qualsiasi manager cui gli azionisti affidino un capitale e se lo ritrovassero triplicato, sarebbero fatti ponti d’oro e riconosciute gratifiche di platino; non è quello che sta accadendo ad Amadeus, vero deus ex-machina del Festival dal 2020, che assommando in sé la doppia qualifica di conduttore e direttore artistico e godendo quindi di ampio margine d’azione, ha evidentemente saputo gestire la grande macchina sanremese con efficacia.

L’allarme è stato lanciato pubblicamente dall’amico storico del conduttore ravennate, Fiorello, che dai microfoni della sua trasmissione mattutina VivaRaidue ha detto che “Amadeus non sa se rifarà ancora il festival”. La bombetta è subito risuonata forte e chiara negli uffici di via Mazzini, da cui però non è giunta nessuna smentita su carta intestata; semmai un giro vorticoso di telefona discrete, che hanno infine prodotto – è lecito sospettare – la smentita arrivata dallo stesso Fiorello, che ha puntualizzato come il suo fosse uno scherzo, e che Amadeus sarebbe pronto a fare anche il sesto festival, se glielo chiedessero.

Tutto risolto? Forse, perché il nervosismo all’ombra del Casinò parrebbe invece palpabile: ai casting per la prossima edizione, già in corso di svolgimento (una delle chiavi del successo, in TV come in altri settori, è la possibilità di programmare in anticipo, e scritturare direttori artistici con ampio margine è in questo senso fondamentale…) si sarebbero infatti presentati non meglio identificati “emissari Rai” con il compito di vigilare che nelle fila dei giovani artisti al vaglio per entrare nel cast non “passi il turno” fauna canterina poco allineata allo “storytelling” di cui sopra. A inquietare i sonni dei nuovi potenti, ci sono le urticanti performance andate in scena nell’ultima edizione, in particolare quelle di Rosa Chemical e di Fedez, due rapper con tanti tatuaggi e un’incontrollata voglia di “épater les bourgeois”. Le loro esibizioni sono diversamente giudicabili, certo hanno saputo creare quel dibattito intorno al Festival di cui lo stesso si nutre per garantire successo e visibilità a tutti coloro che ne fanno parte. Sia come sia, il tutto sarebbe suonato come una messa sotto tutela della linea editoriale, capace di far andare la mosca al naso al Direttore Artistico; di certo, simili manovre – ma anche solo le voci – sono una spia di quanto “occhiuto” si stia facendo il controllo editoriale, anche su quei prodotti di grande successo che coi loro grassi introiti finanziano la “tv di servizio pubblico”, che produce i programmi meno visti, tra cui quelli affidati magari agli amici degli amici, o agli esperti dello ”storytelling” giusto.

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