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L'intervista

QUALE MODELLO PER VARESE

SANDRO FRIGERIO - 16/06/2023

Andrea Civati, Assessore Rigenerazione Urbana Varese

Andrea Civati, Assessore Rigenerazione Urbana Varese

L’agenda di Andrea Civati è fitta. L’appuntamento con l’assessore varesino all’urbanistica (e n on solo) è alle 9.30, dopo un incontro con il sindaco Galimberti, prima di fiondarsi nell’ufficio dell’architetto Gardelli, il dirigente comunale responsabile per il Territorio. Civati concentra le deleghe per la Rigenerazione Urbana, la Mobilità e le Infrastrutture, che sarebbero poi le opere pubbliche. Di urbanistica si occupa da quando è entrato a Palazzo Estense, nel 2011, a 25 anni, allora nei banchi dell’opposizione come consigliere del Pd, per divenire assessore nel 2016, riconfermato nel 2021. Difficile trovare temi più caldi quindi, tra viabilità, tema parcheggi e ora la partita del PGT, il Piano di Governo del Territorio. Lanciata ai primi di aprile, l’operazione si è contraddistinta per due novità: una collaborazione con un team di docenti specialisti del Politecnico di Milano e una fase preliminare di consultazioni a tutti i livelli.

  • Spieghiamolo ai cittadini: a che serve il PGT che, ricordiamo, è uno strumento previsto dalla Legge regionale del 2005? Che cosa lo differenzia dai vecchi piani regolatori, i PRG?

Il PRG era uno strumento molto vincolante, che tra le varie cose fissava per ogni parte del territorio la sua destinazione e aveva un’impronta essenzialmente tecnica. Il PGT dà un quadro di riferimento, è meno rigido, dicendo semmai che cosa “non si può fare” in determinate aree e soprattutto affronta diversi aspetti, da quelli urbanistici ai servizi ed è fortemente interdisciplinare. Per questo abbiamo promosso una forte partecipazione sul territorio e ci siamo anche rivolti a degli esperti per affrontare questa maggiore complessità.

  • I cittadini dicono: va bene i grandi piani, le infrastrutture, ma intanto le strade a pezzi…

Gli interventi sono previsti, ma sono problemi di carattere generale per tutti i Comuni: problemi di risorse, anche perché negli ultimi 10 anni i trasferimenti per la spesa corrente sono scesi

  • Come si è conclusa questa prima fase di consultazioni. Sono davvero venuti i cittadini agli appuntamenti dei “mercoledì mattina del PGT”?

C’è stata una notevole risposta: tra documentazioni inviate e incontri in presenza, tutti protocollati, abbiamo avuto un centinaio di interazioni, che si sommano alle circa 300 che in questi ultimi anni abbiamo registrato sul tema. Nella mezza dozzina di “udienze libere” del mercoledì abbiamo incontrato addetti ai lavori e comuni cittadini. Stiamo andando avanti ascoltando i quartieri, le associazioni, anche le parrocchie che per esempio offrono un’importante risorsa con gli oratori.

  • Temi emersi?

Emerge soprattutto, anche rispetto solo a un decennio fa, la rapida trasformazione di sensibilità, abitudini. Anche la pandemia ha contribuito a questa trasformazione. Pensiamo alle tematiche salute-prevenzione-territorio, al ruolo dello sport e fruizione del tempo libero…

  • Avrete già delle idee, il PGT non è uno strumento asettico: che Varese vede?

palazzo-estenseProprio perché dev’essere uno strumento partecipato, vogliamo in primo luogo confrontarci attivamente con il Consiglio comunale, a tutti i livelli. È vero: il PGT non è solo strumento tecnico, ma ha anche valenza politica in senso lato, perché proietta una visione della città che verrà. Però, si, ci sono dei temi cui tengo. Penso al ruolo complementare dell’università, alla valorizzazione del turismo, non come alternativa alle altre realtà economiche, ma come interlocutore di tematiche varie, tra cui ambiente e Lago di Varese. Mi permetta di dire però una cosa: troppo spesso sento giudizi ingenerosi sulla nostra città che vengono proprio dai varesini, e a furia di ripeterlo, poi finisce che ci crediamo anche noi. Mi capita di ricevere ospiti che arrivano e mi dicono due cose: primo, che non conoscevano Varese, e questo è già un tema, secondo, che la trovano molto più bella di quanto pensassero.

  • Un tema su tutti: il “mantra” dell’occupazione suolo zero, che si traduce nel ”non toccare nulla, recuperare tutto”, non uccide il nuovo e un’edilizia più ecosostenibile? Lo vediamo anche in certi interventi che non finiscono mai, costi crescenti, esiti incerti. In fondo, il nuovo può anche ridurre l’occupazione di suolo. Nelle discussioni a Palazzo Estense lo si diceva già decenni fa. Dipende da come lo si fa.

Personalmente e ancor più da amministratore sono contro i pregiudizi ideologici. Talvolta davanti a certi interventi, mi domando anch’io se non fosse stato o non sia meglio riedificare. Abbiamo una tabella di edifici protetti che comprende le costruzioni anteriori al 1950, ma c’è anche molto di meritevole in epoche successive. Abbiamo avuto fior di nomi nell’architettura e urbanistica, per citarne solo alcuni, da Cuccuru a Vermi, a Caccia Dominioni. L’obiettivo dev’essere una Varese che sia attrattiva.

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