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Libri

MONDO PARALLELO

FLAVIO VANETTI - 07/07/2023

tazzina“I misteri della tazzina” è un viaggio nel mondo parallelo, scritto da Flavio Vanetti con Sabrina Pieragostini (Minerva editore). Ecco l’introduzione. 

Il rito della tazzina – che poi in realtà era un bicchierino da liquore – avveniva nel cuore della notte, quando la redazione aveva terminato di lavorare e le pagine erano state chiuse in tipografia. Ma molto spesso c’era la voglia di “aspettare il giornale”, frase che sintetizza il magnetismo di un lavoro tanto particolare: il giornalismo è come una calamita che attira inesorabilmente e che fa dimenticare tante cose, prima di tutto gli orari di lavoro. Da noi, a La Prealpina, quotidiano di Varese dove ho cominciato la mia attività, l’attesa per le prime e fresche copie veniva ingannata, di tanto in tanto, con sedute spiritiche. Era stato Gaspare Morgione, giornalista ma anche straordinario vignettista-umorista, assolutamente all’altezza di un Forattini o di altri grandi nomi, a “importare” questa pratica, mutuata da quanto faceva, nella natia Pescara, suo fratello Luigi.

Funzionava così: si disponevano in cerchio su un tavolo dei talloncini con le lettere dell’alfabeto, quindi si metteva al centro il bicchierino (che come detto chiamavamo tazzina) e su di esso chi voleva partecipare alla seduta doveva porre un dito. Veniva proposto un tema allo spirito (in partenza non identificato) con cui si contava di dialogare e si attendeva. Quando c’era la fatidica connessione – erano in particolare Gaspare e un altro collega su tutti, Fausto Bonoldi, ad avere a nostro avviso le maggiori qualità medianiche – il bicchierino si spostava e lettera dopo lettera componeva delle parole fino a comporre delle frasi. Quando lo spirito non era svogliato, le espressioni erano strampalate e senza senso. Ma quando era in vena, caspita se descriveva e raccontava… Addirittura lo faceva in latino (ma anche in dialetto lombardo) e non dovete stupirvi della cosa: accadeva anche nelle sedute del fratello di Morgione. Anzi, nel suo caso avvenne qualcosa di stupefacente: la sua tazzina oltre a dialogare in latino aveva raccontato la storia di un personaggio, Paolo Grasa, vissuto a metà del 1600. Lo spirito una volta indicò ai convenuti alla seduta anche un luogo a Roma dove avrebbero potuto trovare una moneta appartenuta allo stesso Grasa. Per curiosità un giorno andarono a verificare se la moneta in quel posto ci fosse o meno e… la trovarono. Con i brividi che percorsero le loro schiene.

Tornando alle sedute a La Prealpina, erano un “evento” che coinvolgeva emotivamente chi le effettuava e quelli che assistevano. La voglia di scherzare o di prenderla alla leggera svaniva presto nella ritualità, per certi aspetti solenne, e nel fatto che si procedesse in un rigoroso silenzio. E si verbalizzava tutto, ovviamente, affinché ci fosse una testimonianza nero su bianco di quanto accaduto e vissuto. Iniziate come un semplice gioco curioso – sulla spinta di Gaspare che parlava delle strabilianti sedute del fratello, così mi raccontavano i colleghi, visto che io avevo cominciato a frequentare la redazione solo nella primavera del 1978, impegnato ancora nell’ultimo anno di liceo classico e nella preparazione della maturità – le sedute con la tazzina erano diventate piuttosto frequenti, anche se un po’ di timore lo lasciavano. E la sensazione di una storia particolare, affascinante ma anche molto inquietante, rimane ancora oggi in chi quei giorni può ancora raccontarli (purtroppo alcuni personaggi sono mancati, a cominciare proprio da Morgione e passando poi a Maniglio Botti, uno che ha sempre accettato di ricordare le sedute senza reticenza). Si tenevano, come detto, dei verbali e quanto andrete a leggere tra poco è proprio la ricopiatura degli originali dei quali sono venuto in possesso (di questi testi battuti con vecchie macchine per scrivere, le mitiche Olivetti, vedrete alcune foto allegate). Non dispongo di moltissimo materiale sul fronte delle sedute notturne in redazione, ma ho due dei documenti più significativi: le interrogazioni nelle settimane angoscianti del sequestro di Aldo Moro, concluso con l’assassinio dell’ex leader della Democrazia Cristiana (16 marzo 1978 il rapimento; 9 maggio di quello stesso anno il ritrovamento del cadavere, in via Caetani nel bagagliaio di una Renault R4); e alcuni verbali dei “colloqui” nelle more dell’elezione del successore di Papa Giovanni Paolo I, morto prematuramente 33 giorni dopo il suo insediamento. Come noto, fu eletto Karol Wojtyla (diventato Giovanni Paolo II) e quel nome fu citato in modo molto chiaro dallo “spirito” che comunicava qualche sera prima della scelta da parte dei cardinali nel conclave. Non erano state messe lettere come K e W sul tavolo, la tazzina sembrava esitare a muoversi: non trovava la tesserina giusta. Alla fine la indicò, al posto delle lettere che comparivano solo negli alfabeti stranieri, l’equivalente di quelle previste dal nostro: quindi la C per la K, la V per la W, la I per la J e la Y. Quando alle 18.18 del 16 ottobre ci fu la fumata bianca e poco dopo fu annunciato il suo nome, tutti noi che eravamo davanti al televisore eravamo convinti che fosse un africano. “Nooooo, è quello che ha detto la tazzina!!!” urlò il collega Enzo Tresca, che lo spirito con cui dialogavano i colleghi aveva spesso punzecchiato in quanto “miscredente” (ed era vero: non era tipo molto di chiesa, il povero Enzo mancato a causa di un incidente stradale ad appena 33 anni, l’età in cui morì Gesù Cristo). Eh sì, proprio vero: quel nome era stato scritto quattro giorni prima. Fu un evento da brividi, così come impressionava tutte le volte in cui il verdetto era espresso in latino, di solito con la frase “spiritus non statuit”, “lo spirito non ha deciso”. Di sicuro questi verbali sono piuttosto arruffati e pure confusi: dopo che il nome di Wojtyla era apparso ne erano usciti pure altri. E va annotato che mentre l’indicazione del cardinale polacco è stata fatta da quello che sarebbe stato lo spirito di Paolo VI, il giorno successivo lo spirito qualificatosi come quello di Giovanni XXIII dichiarò che in quel momento il futuro Giovanni Paolo II  “non era la persona adatta”. Peraltro, poco dopo fa anche lui un riferimento alla Polonia, quale possibile terra del nuovo pontefice. Ma al di là di tutto questi restano documenti straordinari, ottenuti senza alcuna manipolazione. Per quello che può valere, anche se non sembra affatto poco…

Ed ecco uno degli “incontri” durante il sequestro Moro.

Tra l’1 e le 2.15 del 22 marzo 1978
Abbiamo chiesto di Moro e si è presentato don Milani, il quale ha cominciato a esprimersi in latino. Le frasi, in un primo tempo non ben capite, sono state poi controllate e corrette secondo le indicazioni.
Alla richiesta di farci sapere dove si può trovare Moro, ha risposto: “Ite sine timore et invenite Moro in limine Urbis ubi flumen transit ante castrum Sancti Angeli”
Domanda: Lo troviamo lì?
Risposta: “Custuditus est a quattuor hominibus, non firmatus sed ligatus metalli fibula triclinio”
Domanda: E’ morto?
Risposta: “Inabilis sed vivus, optate ultimam solutionem”
Domanda: Iniziamo a informare i Carabinieri?
Risponde di sì
Domanda: Vuoi dirci qualcos’altro? Diccelo.
Risposta: “Gaudium magnum est in redemptione animorum, pax et laetitia in core vestro, miserere necatoribus quinque homines qui vigilabant captivum”

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