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Cultura

MOVIMENTO, TESTAMENTO

LIVIO GHIRINGHELLI - 07/07/2023

beethovenAbbozzata nel 1819, composta nel 1820-21, completata definitivamente all’inizio del 1822 nel contesto complementare di realizzazioni in diversi generi compositivi, la Sonata in do minore n.32 op.111 di Beethoven (in due soli movimenti!) rappresenta indubbiamente il Testamento spirituale del compositore.

Hans von Bülow così la commenta: alla sofferenza ed al dolore degli esseri umani, impegnati sulla via della metamorfosi, descritti nel primo movimento, subentra nella seconda parte il sentimento del Nirvana, che è la diluizione nel non essere. Wagner: il primo movimento è la volontà nel suo dolore e nel suo desiderio eroico, mentre il secondo è ormai volontà placata. Il tema luminoso sancisce il riscatto.

Benché assolutamente diseguali, i due movimenti sono esempi perfetti di tesi e antitesi. L’oscura introduzione assorbe in sé tutta la tensione della sonata; il maestoso iniziale si presenta come un solido movimento in forma sonata, scolpito con prodigiosa concisione e linearità. Soverchiante preponderanza del tema, ruvido episodio contrappuntistico che costituisce l’ossatura del movimento e che travolge nella sua corsa implacabile ogni altro elemento, perfino il momento di distensione offerto dall’idea secondaria. L’Arietta ha l’ardire di descrivere la realtà sovrannaturale. La forma dell’Arietta (cinque variazioni senza soluzione di continuità) è ormai libera da ogni vincolo, fantastico ed errabondo il suo avanzare. La struttura armonica appare primitiva, ogni particolare normale e innocente, ma a poco a poco il tema si frantuma, sotto l’azione disgregatrice di una componente ritmica assolutamente speciale; nella quarta variazione la melodia finisce per dissolversi nelle macchie timbriche di cupi accordi nell’indistinto brusio dei bassi e infine in un eterno astratto flusso di terzine nella zona oscura della tastiera. A questo punto un trillo sublime e liberatorio, essenza della catarsi schilleriana accende di luci irreali l’ultimo affiorare dell’Arietta.

Casella: il carattere di questo meraviglioso tema si riassume in poche parole: dolcezza, quiete, felicità supra-terrestre. Rispetto alla glorificazione della gioia, che incorona la Nona, il presente frammento sonoro rappresenta un’altra concezione del medesimo sentimento, più intima, ma non per questo meno elevata.

Destinata in origine ad Antonia Brentano, prima dell’edizione, la Sonata per pf. 111  fu dedicata, date le insistenze, all’Arciduca Rodolfo.

Cortot: nelle ultime pagine le note non sono più di un pulviscolo impalpabile, qualcosa di simile al Nirvana. Non vi sono più dimensioni, né colore, né tempi. Tutto  è ormai irraggiamento, che, alla fine, si disperde e si diffonde. Carli Ballola: il secondo movimento rimane tuttora l’emblema di tutto ciò che di ineffabile, di visionario e trascendente, la terza maniera contiene. Thomas Mann, Doctor Faustus cap. VIII: il ben noto motivo che diviene commiato, diventa una voce e un cenno d’addio. Questo re-sol-sol subisce una lieve modificazione, prende un piccolo ampliamento melodico. Dopo un do iniziale accoglie, prima del re, un do diesis, che è l’atto più commovente, più consolatorio, più malinconico e conciliante che si possa dare. È la benedizione dell’oggetto, la frase terribilmente inseguita e umanizzata, che travolge e discende nel cuore di chi ascolta come un addio, un addio per sempre, così dolce che gli occhi si empiono di lacrime.

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