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Urbi et Orbi

GIUSTIZIA INVISIBILE

PAOLO CREMONESI - 15/09/2023

simonettacesaroniIl tempo in via Carlo Poma si è fermato. Il palazzo è lì, uguale a trentatré anni fa: il lungo cancello d’ingresso, il cortile interno, in mezzo una fontana con la vasca per i pesci rossi. Al terzo piano della scala B il 7 Agosto del 1990, dietro a un portone chiuso a chiave con quattro mandate, venne trovato il corpo della povera Simonetta Cesaroni, padre ferro-tranviere, mamma casalinga, una sorella Paola, tutte e nate e cresciute nel quartiere Tuscolano. La ragazza che lavorava come segretaria per l’Associazione italiana alberghi della gioventù, era stata uccisa con diverse coltellate: l’assassino non è stato ancora trovato.

Un delitto quasi in sordina nel torrido agosto romano e che stonava con il momento del Paese: la maggior parte degli italiani era in vacanza; un pentapartito governava la fragile ripresa economica, ignaro che da lì a poco sarebbe stato spazzato via da Tangentopoli, solo due mesi erano passati dalle notti magiche di Toto Schillaci. Eppure con il passare dei giorni, delle settimane e poi degli anni, il crudele omicidio assunse sempre più rilevanza mediatica, andando a ingrossare le fila dei misteri italiani.

A tutt’oggi si è ancora al punto di partenza, i vari indiziati sono stati via via archiviati: Pietrino Vanacore portiere dello stabile, Federico Valle, figlio di Cesare Valle, inquilino che abitava nel palazzo, Raniero Busco, il fidanzato di Simonetta all’epoca dei fatti, condannato in primo grado ma assolto dalla Corte d’Appello con sentenza confermata dalla Cassazione nel 2014.

Ora una relazione della Commissione parlamentare antimafia, trasmessa alla Procura nei mesi scorsi, invita a riaprire le indagini a partire da alcuni elementi non considerati dagli inquirenti trent’anni fa: una macchia di sangue rilevata dalla polizia sulla maniglia dell’appartamento; alcune telefonate ricevute dalla vittima provenienti da un numero sconosciuto e mai rintracciato, la verifica sugli orari di lavoro di alcuni colleghi di Simonetta. Magra consolazione per il dolore di una famiglia il padre di Simonetta è morto nel 2005) che ancora attende giustizia.

Secondo alcuni inquirenti il ritardo con cui quel pomeriggio si procedette a delimitare la scena del crimine compromise irreparabilmente lo sviluppo seguente dell’ inchiesta. Antonio Del Greco, ex funzionario della Squadra Mobile che insieme a Nicola Cavaliere condusse la prima parte delle indagini, ebbe a osservare che per ore sul luogo del delitto continuava a passare un mucchio di gente.

A chi scrive capitò di occuparsi del delitto per pura casualità. Unico redattore in turno al pomeriggio di quel 7 Agosto e fresco di assunzione Rai alla Testata Giornalistica del Lazio, venni inviato senza troppa convinzione dei miei capi a vedere cosa fosse successo in quel palazzone di Prati. Ne seguirono settimane di lavoro febbrile con ore e ore di attesa davanti al cancello di via Poma  o nelle aule del palazzo di giustizia per carpire di qualche briciolo d’informazione. Il Pubblico Ministero che allora si occupò del delitto, Pietro Catalani, era personaggio schivo e che teneva i giornalisti a distanza. Impossibile ricevere notizie da lui. In uno degli interminabili pomeriggi d’attesa a piazzale Clodio, in compagnia dei mostri sacri della giudiziaria che i giornali avevano richiamato dalle ferie e che guardavano con malcelata sufficienza al giovane cronista appena arrivato, ebbi l’ingenua baldanza di consegnare al magistrato tramite un poliziotto un biglietto a mia firma. Sopra c’era scritto: Come procede l’inchiesta? Poca osservazione e molto ragionamento conducono all’errore Molta osservazione e poco ragionamento alla verità”. Era una frase di Alexis Carrel, giovanissimo Premio Nobel per la medicina e che Don Luigi Giussani usava come introduzione alle sue lezioni sul “Senso Religioso”.

Mezz’ora dopo il medesimo poliziotto uscì dalla porta di Catalani chiedendo a gran voce Chi e’ Cremonesi? Il Pubblico Ministero la riceve!”. Ne uscì la prima e unica intervista rilasciata in quell’estate dal magistrato sul caso: lo stupore misto a disappunto dei blasonati colleghi  faceva da contrappeso alla mia interiore soddisfazione.

Mi capita così ogni tanto di riprendere in mano la famosa foto di Simonetta Cesaroni al mare con quella posa da cartolina, il costume bianco e la gran massa di riccioli neri. Certo ora lei saprà tutto: peccato che qui invece continuino a prevalere ancora una volta i tanti ragionamenti.

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