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Editoriale

VATTELAPESCA

MASSIMO LODI - 29/09/2023

pescaChe viviamo in un mondo prosaico, incline al materiale e al greve, lo testimonia la zuffa mediatica per il nuovo spot dell’Esselunga. Vi si racconta, come tutti sapete, d’una bambina (figlia di genitori separati, si capirà alla fine) che va allo store con la madre, la sorprende infilando nel carrello una pesca, poi il ritorno a casa e l’episodio viene archiviato. Più tardi passa il padre a prender la figlia, lei sale in auto, gli consegna la pesca: è un regalo della mamma, sussurra. Della mamma? fa lui basìto/malinconico.

Morale del marketing: non c’è una spesa senza importanza. Morale politica: duello su famiglia tradizionale e no, su invasione del privato e no, su utilizzo sconveniente dei fanciulli e no. E tanto altro d’esagerato, capzioso, inutile. Nel segno d’un mediocre esercizio demagogico. Sembrerebbe invece semplice la lettura di questa videocomunicazione: 1) un capolavoro dell’arte pubblicitaria; 2) un omaggio alla poesia. Sì, alla poesia. Al garbo del sentimento, dell’affetto, della spiritualità. Esiste, un tale garbo. E ricordarlo, ricordarcelo, non guasta. Anzi, risulta provvidenziale. Però si è così impreparati a cogliere il cuore d’un messaggio (il nocciolo della pesca: la pìetas?), che ci si perde in infinite, logore, derive laterali. È come se fosse tanto grigia la consuetudine esistenziale da non saper noi vedere il normalissimo -dovrebbe essere normalissimo- lampo colorato della bellezza. Che non è solo esteriore, è specialmente interiore.

Senza il recupero popolare -cioè la pubblica rappresentazione- dell’intima bellezza, non c’è misura economica, iniziativa sociale, battaglia civile, riforma politica capace di cambiare in meglio lo sfacchinarsi quotidiano. Quando talvolta il recupero popolare avviene, com’è nel caso dello spot mercatale, se ne dovrebbe capire il senso profondo/storico; rammaricarsi di non aver prevenuto l’accensione di quella fiammella, insistendo in una stolida oscurità; umilmente prender atto, ad anima pentita, ch’è uno schiaffo sapere il prezzo di ogni cosa e il valore di nessuna.

Si deve al giornalista e scrittore americano Henry L. Mencken, fustigatore novecentesco del puritanesimo, una frase crudele e provocatoria: il cinico è un uomo che, sentendo profumo di fiori, si guarda attorno in cerca d’una bara. Ecco, riassumendo: urge ritrovare il perduto olfatto sentimentale, absit iniuria del paradosso. Dove cercarlo? Vattelapesca, naturalmente,

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