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Chiesa

DUBBI E CERTEZZE

SERGIO REDAELLI - 06/10/2023

papaLa veglia di diciottomila fedeli sabato 30 settembre sul sagrato di S. Pietro ha introdotto i lavori del Sinodo nel segno dell’unità delle chiese cristiane cara a Francesco e la contestuale nomina di 21 nuovi cardinali ha portato a 99 i porporati “targati” Bergoglio dei 137 elettori al futuro conclave. Soltanto 16 sono italiani e diventeranno 15 su 119 a fine 2024 quando molti elettori anziani compiranno ottant’anni perdendo il diritto di voto. L’impronta di Francesco si fa sempre più sentire sul collegio cardinalizio che il papa vuole armonioso “come un’orchestra sinfonica” e prefigura la “chiesa delle periferie” sempre meno europea e perennemente in missione sulle strade del mondo.

Proprio mentre il Sinodo si apre per discutere il futuro della Chiesa con un’assise di 364 padri e madri riunite (per la prima volta saranno presenti 85 donne di cui 54 con diritto di voto e 70 uditori non vescovi scelti dal papa, tra cui l’ex no-global Luca Casarini per conto dell’Ong Mediterranea che salva i migranti in mare), si levano voci di critica. Cinque anziani cardinali ultraconservatori (Brandmüller, Burke, Sandoval Iñiguez, Sarah e Zen) sollevano dubbi – dubia, in latino – su altrettanti temi dottrinali e il pontefice risponde. Lo scambio di lettere è avvenuto in estate ma soltanto ora, alla vigilia del Sinodo, si rendono noti i contenuti.

Sul tema della controversa benedizione delle coppie gay il papa osserva che il matrimonio per la Chiesa è l’unione esclusiva, stabile e indissolubile tra un uomo e una donna finalizzata a rigenerare, ma quando si chiede una benedizione si esprime una richiesta di aiuto a Dio e non si devono smarrire “la comprensione, la tenerezza e l’incoraggiamento della carità pastorale”. Per Francesco è possibile reinterpretare la Divina Rivelazione nel senso di interpretare meglio, poiché “i testi delle Scritture richiedono un’interpretazione che permetta di distinguere la loro sostanza perenne dai condizionamenti culturali”.

Sull’ordinazione sacerdotale alle donne il papa rileva che “la validità delle ordinazioni femminili della Comunione anglicana può essere oggetto di studio” senza per questo contraddire l’insegnamento di Giovanni Paolo II che con la sua “dichiarazione definitiva” in nessun modo ha inteso denigrare le donne e conferire un potere supremo agli uomini. E a proposito del contestato dovere di assolvere “tutti e sempre poiché il perdono è un diritto umano”, Francesco nota che è il pentimento a rendere valida l’assoluzione, ma ribadisce che il confessionale non è una dogana e che “non siamo padroni ma umili amministratori dei sacramenti che nutrono i fedeli”. Infine, per Francesco, il fatto stesso che si pongano delle domande e si sollevino dei dubbi prova che la sinodalità e il bisogno di partecipare sono la “dimensione costituiva della Chiesa”.

Non è la prima volta che si muovono accuse dottrinali al papa argentino. Qualcosa di simile era accaduto nel 2017 e, di nuovo, nel 2019 con una lettera-appello divulgata da alcuni teologi conservatori, intellettuali e docenti universitari che contestavano a Bergoglio il delitto canonico di eresia invitando i vescovi ad indurlo a ritrattare o a deporlo. La lettera che lo tacciava di eresia, scritta in diverse lingue, era stata pubblicata sui siti web che fanno riferimento al mondo dei cattolici integralisti. Gli stessi siti che avevano pubblicato la richiesta di dimissioni avanzata dall’ex nunzio a Washington Carlo Maria Viganò, nemico giurato di Francesco.

In precedenza, quattro cardinali tradizionalisti avevano preso di mira l’esortazione apostolica Amoris Laetitia dell’8 aprile 2016 contestando alcune “affermazioni vaghe e ambigue che permettono interpretazioni contrarie alla fede e alla morale” come la riammissione alla comunione dei divorziati rimaritati civilmente e i princìpi, notoriamente cari a Francesco, della libertà religiosa e della libertà di essere diversi. Un’altra lettera di critiche, la Correctio Filialis, sottolineava che il dogma dell’infallibilità, secondo la definizione del Concilio Vaticano I, dà il potere ai papi di “custodire ed esporre fedelmente la rivelazione trasmessa dagli apostoli e non di manifestare nuove dottrine”.

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