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Cultura

CONCERTINO

SILVANO COLOMBO - 13/10/2023

campanaMagister Blasinus de Lugano, chi era costui?

È l’artefice della fusione di una campana del XIII secolo che viene da poco esposta permanentemente nel bel chiostro romanico di Voltorre di Gavirate.

Manufatto tra i più rari anche perché col tempo le campane si potevano fessurare ed era necessario provvedere a nuove fusioni ed il bronzo fesso veniva recuperato.

Non so dirvi il motivo per il quale questo non servì. Mi piacerebbe pensare che quando mio nonno Enrico Bianchi, nel 1912, fuse le tre campane ancor oggi sul campanile del chiostro, non l’abbia voluta prendere in considerazione vuoi, forse, per la non certa qualità del bronzo, vuoi perché mio nonno aveva il senso della storia e non volle far svanire una siffatta reliquia.

Un per me anonimo, finissimo fonditore, datò -1519- la ben sonante campana di Velate, esposta a corredo della muta sabato 23 settembre di quest’anno, nel suddetto chiostro di Voltorre.

Alcune note che voglio aggiungere al concertino.

Anzitutto il nome dell’artefice, Blasinus, risaltante in fusione, non inciso, per fare corpo indelebilmente con la campana.

Questi si faceva conoscere nel caso altre chiese avessero avuto bisogno della sua opera. L’avrebbero mandato a chiamare e sarebbe giunto sul posto e vi avrebbe fuso una o più campane.

Ho letto da qualche parte che si procedeva a fondere la campana nella chiesa stessa, con l’intervento del sacerdote che avrebbe benedetto la buca nella quale la forma della campana sarebbe stata calata per ricevere il bronzo.

Si dovrebbe ricordare che fino all’editto napoleonico di S.Cloud (1804-’06), i cadaveri venivano inumati nelle chiese. Se avessero dovuto fondere una o più campane avrebbero dovuto far demolire i tre ambienti voltati della chiesa di Santo Stefano, dove giacevano ossa di sacerdoti, uomini, donne e bambini. E passi, si fa per dire!, forse l’hanno fusa nella chiesetta di Avigno, dove pochi cadaveri avrebbero eccepito su quanto stava per accadere, e ripassi!, ma il forno, dal quale far colare il bronzo portato a temperatura di fusione attorno ai mille gradi, dove l’avrebbero allestito? Avrebbero tenuta chiusa una chiesa per almeno un mese? Certamente tutto avvenne all’aperto, a distanza di sicurezza per non appiccare fuoco a case di legno, mentre in chiesa il sacerdote pregava che la fusione andasse a buon fine.

Poi, l’anno di esecuzione. Non indicato nel primo caso, -1519- nel secondo, esso pure emergente dal bronzo, con caratteri ancora memori del gotico, con i millesimi inquadrati in uno stampo, mentre la fascia che corre sotto le immagini sacre, è scritta con grafia se possibile trepidante, tanto morbida era la cera che si usava per completare l’ornato.

Sulla campanella di Velate bisogna esercitarsi, ma qualcuno lo ha sicuramente già fatto, sono io che lo ignoro, a sciogliere l’iscrizione perché riuscire a capire donde venisse il fonditore sarebbe un passo in avanti nella storia della metallurgia, ai tempi, ricordo per inciso, nei quali il Ducato di Milano stava passando anni tribolati tra il dominio francese di Francesco I, la fine degli Sforza, ed in quell’anno proprio la salma del Magno Trivulzio veniva traslata in San Nazaro a Milano con solenni esequie. Perché l’accenno al Trivulzio? Perché questi, devoto della Beata Giuliana per via di una profezia da lei ricevuta, fu il promotore della costruzione del portico antistante la facciata del Santuario, poi sostituito da quello attuale, secentesco. Mi illudo che in memoria di quelle fastose esequie le Romite Ambrosiane abbiano fatto fondere una campanella per accompagnarle dal piede del monte di Santa Maria. Di più, nel 1519, come premurosamente e puntualmente mi ricorda la badessa delle Romite, suor Maria Rosella, moriva la loro seconda Badessa, suor Benedetta Biumi. Mi piace fingere che il suono squillante della campanella di Velate l’abbia accompagnata in cielo.

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