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Storia

IL PROFUMO, UNA TORTA

SILVANO COLOMBO - 20/10/2023

sambuco“Mi conti una storia?”

La bicicletta filava in piano che era un piacere ricevere l’aria in faccia. Ma quando iniziava la salita delle Grotte di Valganna, la pedalata del Papà rallentava, ed io, ingenuamente perfido, gli chiedevo: “Mi conti una storia?”

Invariabilmente era quella di frate Panigada, ogni volta rinnovata per qualche fioritura del Pà che sbuffava a più non posso.

“C’era una volta in un convento dalle parti di Azzio un frate grande e grosso, che aveva il compito di curare la cucina e l’orto. Diventando vecchio, il Padre Guardiano gli affiancò un fraticello che lo aiutasse ma al tempo stesso che gli rubasse il mestiere, perché prima o poi il padre cuciniere sarebbe volato in Paradiso con tutti i suoi segreti.

Uno dei più prelibati era la torta fatta con i fiori di una certa pianta che solo lui conosceva e che andava a raccogliere da qualche parte, mettendoseli nella profonda saccoccia.

Quando era in cucina, di soppiatto, ne cavava fuori una manciata e la distribuiva nell’impasto che stava preparando. Dal forno usciva una torta povera, perché fatta di farina di polenta, che si mangiava il giorno di San Giorgio, accompagnata con la panna delle mucche tenuta da parte fresca perché il Santo era il protettore dei lattai.

Una fetta di quella torta che si prendeva tra le dita delicatamente, perché soffice, veniva pucciata nella tazzina della panna, e diventava un premio divino. Si può dire che tutti i frati ne fossero ghiotti, tanto da invocare che la festività di San Giorgio cadesse ogni mese e non una volta all’anno.

Passa che ti passa, arrivò il tempo per il frate. Lo deposero, quel corpaccione, in una cassa tenuta assieme da chiodi, che quando fu calata nella fossa si sgangherò. La terra la ricoperse leggera ed i frati rimpiansero…la torta.

Il fraticello che nel frattempo s’era preso l’incarico della cucina, frugò in tutti i cassetti, vasi e vasetti alla ricerca di quel profumo che solo frate Tomaso conosceva.

S’era ormai messo il cuore in pace quando, andando a pregare al cimitero sulla tomba del suo predecessore, agli inizi della primavera, vide spuntare una piantina che sicuramente era germinata dai semi che il frate teneva in saccoccia. La guardò con occhi curiosi e riconoscenti, la bagnò e quando fu il tempo giusto sbocciò un fiore a forma di ombrello, profumatissimo come quel benedetto profumo della torta. Era una piantina di sambuco, che ben presto, dalla terra grassa del cimitero, trasse vigore e fece ombra sulla tomba di frate Tomaso. A San Giorgio di quell’anno -quale?, e chi lo sa?- dal forno della cucina del convento di Azzio venne fuori una torta con la crosta giallina, profumata come non mai, che fu portata trionfalmente sui fratini del Refettorio ed il Padre Guardiano benedisse il Signore e quel frate che per l’appunto fu chiamato Panigada. Chi sa il dialetto milanese capisce che la parola vale per fiore di sambuco.”

“ E poi?”

Il Pà si mise a pedalare come un forsennato perché la Mamma ci aspettava a casa.

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