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Attualità

MOTOSEGA E CARTONEROS

MARCO ZACCHERA - 24/11/2023

Javier Milei

Javier Milei

A sorpresa rispetto alle previsioni di qualche mese fa, ma confermando i sondaggi della vigilia l’autodefinitosi “anarco-capitalista” Javier Milei è stato eletto nuovo presidente dell’Argentina e vice la sua luogotenente Victoria Villaruel, distintasi per non aver mai chiaramente condannato gli orrori del periodo della dittatura militare che fino a 30 anni fa governò il paese con pugno di ferro e migliaia di “desparecidos”.

La vittoria di Milei su Massa alla fine è stata netta, molto meno chiara delle prospettive argentine anche perché il nuovo presidente è abbastanza indecifrabile come effettivo soggetto politico. È sbagliato definirlo di destra o di sinistra: Milei è un misto tra Donald Trump, Bolsonaro e Beppe Grillo, è su posizioni iperliberiste in economia (“aboliamo la banca nazionale e la moneta, rendiamo il dollaro statunitense la valuta nazionale”) ma conservatore nelle scelte etiche (vicino agli spagnoli di Vox) ed ha condotto una campagna elettorale all’insegna di molte contraddizioni e di slogan vulcanici quanto demagogici. Alla fine ha vinto grazie all’appoggio determinante della terza candidata al primo turno, quella Patricia Bullrich che forse sarebbe stata la scelta più “centrista” e in qualche modo rassicurante per l’incerto futuro del paese. Milei ha di fatto accettato i suoi uomini e il suo programma e già questa è una prima contraddizione di fondo che andrà superata.

La gente ha votato Milei per disperazione, sperando in un fatto nuovo, uno stacco sul passato ma sottolineando comunque – almeno nella sua maggioranza – la volontà di uno stop al populismo peronista “di sinistra” di cui Massa appariva come il continuatore.

Un paese in cui il cambio del dollaro variava lunedì da 351 a 950 pesos a seconda che si consideri quello ufficiale o quello “nero” (peraltro pubblicato sui giornali) e un cambio con l’Euro crollato del 50% in pochi mesi sottolinea una innegabile verità: ancora una volta l’Argentina è sulla soglia del baratro finanziario, con l’ennesimo fallimento pubblico in vista. Peraltro il cambio “nero” (che è poi quello reale) un mese fa era oltre 1150 pesos quindi – in qualche modo – la vittoria di Milei è stata vista come il minore dei mali dagli ambienti finanziari.

Javier – urlatore nato, irrispettoso ed irruente – si è presentato come leader del suo “partito della motosega” (inteso come chi vorrebbe tagliare corruzione e privilegi) andando in giro fisicamente con l’attrezzo e raccogliendo appunto i voti tra gli argentini delusi, i giovani, i “produttori” rispetto alla sterminata platea di chi vive di soccorso pubblico, ma senza dare – almeno in campagna elettorale – alternative credibili e limitandosi a slogan roboanti. Francamente sembrava un refrain dell’ “Apriremo il parlamento come una scatola di tonno” di grillina memoria che è finita come si sa.

Una nazione spaccata in due perché in Argentina metà paese vive appunto tra sussidi ed elargizioni varie e – francamente – non sembra avere molta voglia di fare sacrifici. Qui si è delineato lo zoccolo duro dell’elettorato di Massa, il rivale sconfitto che era il ministro dell’ economia del governo precedente e quindi è stato giudicato – almeno dai ceti produttivi – come responsabile del fallimento nazionale.

La situazione economica del paese è infatti il primo problema: nessuno può più permettersi di investire in aziende visto che un esportatore è obbligato poi a vendere in dollari ufficiali e quindi preferisce trasferirsi in Brasile o in Uruguay, ma si campa comunque in qualche modo lavorando e commerciando in “nero” e senza pensare molto al domani, cullandosi nella dolce speranza che comunque qualcuno alla fine ci penserà.

Prospera – o almeno sopravvive – chi ha appunto accesso al mercato nero, chi ha esportato capitali e ha il tesoretto all’estero, chi traffica in una condizione di progressiva iperinflazione e dove, chi può, paga in pesos ma vuole dollari in cambio.

Proprio ricorrere ad una iperinflazione programmata potrebbe essere alla fine una strategia per ridurre il peso del pregresso deficit pubblico, ma è evidente che questa mossa sarà comunque attuata mettendo ulteriormente in crisi la sanità, i servizi, i pensionati ed i dipendenti a reddito fisso: un copione già visto che rischierà di portare il paese a tumulti e proteste di piazza anche perché i sindacati erano tutti con Massa.

L’unica forza per l’Argentina restano e saranno le sue risorse naturali ed agricole (anche se in buona parte ipotecate con i debiti internazionali) con il consueto progressivo ed endemico aumento di differenze sociali nella speranza di non ritrovarsi come vent’anni fa in un nuovo “corralito” (fallimento pubblico) tra turbe di “cartoneros”, le folle di disperati che per mesi hanno campato vivendo di rifiuti e riciclaggio di immondizie.

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