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Politica

L’AMMONIMENTO

GIUSEPPE ADAMOLI - 08/12/2023

morokissingerParlo dei miei sentimenti verso Kissinger. Così non rischio di dire delle cose del tutto risapute oppure delle sciocchezze. Oddio, non è semplice nemmeno così perché le mie emozioni sono state altalenanti e, ad un certo punto, molto contrastanti.

Un sentimento positivo duraturo e persistente se considero l’apertura dell’America alla Cina fin dall’inizio degli anni settanta; la volontà di portarla nei consessi internazionali; di aiutarla a svilupparsi con uno strano e alterno capitalismo di Stato; di mantenere con essa, divenuta col tempo il grande colosso asiatico, un rapporto pacifico e costruttivo.
Il suo pensiero di qualche mese fa: “Bisogna capire l’influenza storica della Cina e al tempo stesso impedirle di diventare egemone nel mondo, ma non ci riusciremo attraverso prove di forza”, lo avverto come una consigliabile avvedutezza.

Un sentimento positivo anche per come ha combattuto l’Unione Sovietica sul piano politico al tempo della “Guerra fredda” ma mai, nemmeno parzialmente, su quello militare tenendo ben sotto controllo il rischio nucleare.
La conferma di questa storica visione è venuta recentemente con la sua proposta di una pace con l’Ucraina fondata sul riconoscimento della Crimea alla Russia: “Una guerra per la libertà dell’Ucraina non può sfociare in un conflitto sul futuro della Russia”.

Detto questo, la stabilità a tutti i costi dei blocchi contrapposti, seppure dialoganti, mi appariva troppo costosa per le nazioni più piccole giocate come pedine di scambio o vittime sacrificali sull’altare della geopolitica globale.

La domanda era dove finiva il realismo, assolutamente necessario in politica, e dove cominciava lo spietato cinismo del rappresentante di una grande potenza. Si, certo, una grande potenza democratica alla quale ho sempre guardato con simpatia (che continua ancora oggi) ma i cui errori ed eccessi ho cercato di non ignorare.

Fra i tanti avvenimenti che mi hanno provocato un profondo disagio metto in primo piano la spregiudicatezza strategica in America Latina e nel Terzo Mondo di allora. In particolare il ruolo avuto nella defenestrazione in Cile di Allende e il favore per il golpe militare di Pinochet, una dittatura sanguinaria e una pagina storica nerissima. Qui l’accusa a Kissinger di “potere amorale” mi appariva fondata.

Il fatto per me più angosciante è stato però un altro: l’ammonimento, mai smentito, ad Aldo Moro affinché non proseguisse sulla strada del “compromesso storico” con il Pci per non alterare i rapporti con l’America da una parte e con l’Urss dall’altra. Ormai si discute sul peso e sulle conseguenze che questo fatto può aver avuto, piuttosto che sul fatto in sé.

Molti ritengono infondato che il rapimento e l’uccisione del leader democristiano fossero dovuti al “clima” creato da Stati Uniti e Unione Sovietica che volevano mantenere intatte le rispettive zone di influenza decise a Yalta. Non ho ovviamente alcuna certezza, ma il dubbio mi assale ancora.

Un grande della diplomazia e della politica americana e mondiale sicuramente. Ma questo non mi ha mai fatto approvare il premio Nobel per la Pace conferitogli nel 1973.

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