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Parole

SONNAMBULI

MARGHERITA GIROMINI - 08/12/2023

censisMi sono sentita colpita e ho vissuto come una ferita la metafora usata dal Censis sugli italiani che ci definisce sonnambuli, quasi ciechi, vecchi e spaventati.

L’immagine pesa e deprime, sia per forma sia per contenuto, ma il Rapporto fornisce gli approfondimenti che spiegano i giudizi espressi così duramente.

Il Censis non ha esagerato, purtroppo. Ma a mano a mano che ci si addentra nella lettura del Rapporto 2023 la metafora del sonnambulismo appare calzante: siamo tutti un po’ sonnambuli, impreparati ad affrontare le difficoltà del mondo attuale e incapaci di riconoscere le sfide del futuro. E come veri sonnambuli ci muoviamo dentro un sonno pericoloso per risvegliarci dal quale serve tempo: per riaprire gli occhi, per scuotersi dalle ombre del dormiveglia e per riprendere contatto con la realtà.

Da svegli ci possiamo accorgere che esistono i gravi problemi della denatalità, dell’invecchiamento della popolazione, del ristagno dell’occupazione; e poi, fuori dalla nostra piccola cerchia esistenziale, possiamo prendere atto che le guerre in corso a tre ore di aereo dall’Italia sono anche nostre, e accettare l’idea che le emergenze climatiche, sempre meno governabili, mettono a rischio casa nostra.

Il Rapporto Censis 2023 mette a nudo anche gli aspetti emotivi delle nostre esistenze: negli italiani albergano paure razionali insieme a tanti timori irrazionali che alterano la capacità di comprendere appieno la realtà.

Siamo un Paese di anziani, certamente “non” per anziani. Da questo dato scaturiscono difficoltà inevitabili come la solitudine della terza e della quarta età, con anziani e vecchi più emarginati e più fragili, dentro a una società angusta e ripiegata su sé stessa, caratterizzata da nuclei familiari senza figli o al massimo con un figlio solo.

Nel 2050 l’Italia sarà irrimediabilmente un Paese negato ai giovani, limitati nella crescita personale e gravati dal peso di sostenere il costo dei servizi di una società senza sufficienti risorse.

Il Rapporto Censis ci mostra anche i dati della nostra percezione del mondo: spaventati e impauriti dal declino del nostro Paese (lo dicono otto persone su dieci), oppressi dalle paure per un conflitto mondiale (1 persone su 6) e per gli attacchi terroristici, 5 persone su 10; preoccupati per il clima impazzito nella misura dell’84% e per la crisi economica incombente nel 73%.

Eppure, intervistati nella sezione “welfare” affermiamo di non affannarci più nella ricerca di una teorica felicità ma di poterci accontentare di uno spicchio di benessere quotidiano.

Attribuiamo più importanza ai momenti da dedicare a noi stessi, apprezziamo, almeno a parole, le piccole gioie della quotidianità: il 62% vuole momenti da dedicare a sé stessi, ben il 94% rivaluta la gioia delle piccole cose di ogni giorno: le relazioni affettive, il tempo libero, gli hobby, le passioni personali.

Un elevato numero di intervistati dichiara che il lavoro e la soddisfazione professionale non possono più essere al centro della vita. Si legge nelle Considerazioni generali che l’Italia “ha costruito in decenni il proprio meccanismo di vita sociale preferendo lo sciame allo schema, l’arrangiamento istintivo al disegno razionale. Uno sciame che però oggi appare disperdersi, distaccando dietro di sé mille scie divergenti”.

Vorrei che fossimo tutti meno sonnambuli e più sognatori a occhi aperti di un futuro migliore.

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