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L'antennato

FINE SHOW, MAI

STER - 15/12/2023

tvUna volta i programmi di prima serata iniziavano alle 20.30 e alle 22.30 erano belli che conclusi; negli anni ’60 scattava in quel momento la sigla della “Fine della trasmissioni”, sulle note soavi del Guglielmo Tell di Rossini. Poi è arrivata l’edizione del tg di ‘mezzasera’ a tirare in lungo il palinsesto e infine, la cosiddetta seconda serata ha portato l’orario di chiusura della tv oltre la mezzanotte. I programmi di seconda serata erano un terreno di sperimentazione, dove la musica, la cultura, l’umorismo più innovativo trovavano uno spazio protetto in cui l’assillo degli ascolti non riusciva ad arrivare. Quelli della Notte di Renzo Arbore ne sono stati l’esempio più classico, era il 1986.

Poi, con l’affinarsi del marketing e la concorrenza senza più quartiere degli ultimi anni, sono arrivate le alchimie sullo share, il conteggio solo del pubblico attivo (quello di giovane e media età, con alta potenzialità d’acquisto, non gli anziani che guardano tanto ma spendono poco) e anche gli ultimi giri di lancetta del giorno vecchio, e i primissimi del giorno nuovo, sono diventate preziose terre di conquista. A seconda di come si leggono e propongono i dati d’ascolto, ogni programma ranocchio può trasformarsi in principe azzurro.

È questa la ragione per cui già da tempo Mediaset allunga i suoi show fino a farli terminare ben oltre l’una di notte, facendoli partire non prima delle 21.40: una durata monstre che necessariamente si accompagna con un minore spessore dello show: quando a Studio Uno gli ospiti erano De Sica, Sordi e Mastroianni e la primadonna era Mina, difficilmente si sarebbe potuto pensare di fare programmi di quattro ore di durata (e infatti duravano poco più di un’ora!)

Oggi, con le storie della gente comune, gli uomini e le donne, i talenti canterini e compagnia ballante, è molto più facile ingozzare l’oca e col fegato farne paté.

Dopo le 23, lo share, cioè la percentuale di persone in quel momento con la televisione accesa, sale sensibilmente, perché con l’inoltrarsi nella notte, gli spettatori sono meno in assoluto e dunque percentualmente contano di più. Per cui si può notare come un programma ritenuto di grande successo come Grande Fratello, se si analizzano i dati d’ascolto minuto per minuto, riscuota in realtà un interesse piuttosto tiepido nelle prime ore (quelle diciamo dalle 21 alle 23.30), ma riesce poi, durando fino all’1 e 30 del mattino, ad alzare la propria media complessiva grazie agli share molto alti delle ore piccole. Il resto lo fa la gran cassa degli uffici stampa.

Un andazzo da cui non è esente anche la Rai, anzi! Lasciando correre il caso estremo di Sanremo (quest’anno sono annunciati 30 cantanti a sera, un record assoluto, che spingerà le cinque serate ben oltre le due di notte), in queste settimane al sabato, c’è in corso la disfida proprio tra Grande Fratello e Ballando con le stelle su RaiUno.

Per vedere la fine di entrambi i programmi, bisognerebbe fare le ore piccole, una cosa che oggettivamente non è possibile per tantissimi ascoltatori che il mattino preferiscono fare altro che recuperare il sonno perduto. Quando invece le durate divergono sensibilmente, ad esempio quando si scontrano uno show e una fiction, che di regola finisce prima di mezzanotte, se gli indici di ascolto indicano un pareggio, o una vittoria di misura della fiction (come spesso accade) vuol dire che in realtà l’ascolto migliore lo ha fatto – nel periodo cosiddetto “di sovrapposizione” proprio la fiction, perchè dura meno.

Per “vendere” al meglio i programmi sono diversi gli escamotage che si possono utilizzare per indorare la pillola delle rilevazioni Auditel: uno di questi, forse il più inflazionato, è quello di segmentare uno stesso programma in più sottotitoli autonomi. Ecco allora l’anteprima, la puntata, i saluti: ciascun blocco gode di una rilevazione autonoma e poi si vanno a piazzare gli spot sul mercato basandosi solo sui dati della parte migliore.

E non c’è grande speranza che a breve la situazione possa cambiare: la tv non è più fatta per essere guardata da cima a fondo, ma piuttosto per essere fatta a pezzi e pubblicata sui social, là dove – per paradosso – l’attenzione media di un utente non supera la prova dei 30 secondi filati di ogni filmatino virale che si rispetti. Dovremo insomma rassegnarci a puntare la sveglia quando guardiamo la tv, per restare svegli fino al momento di andare a letto.

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