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Attualità

RITARDI QUOTIDIANI

CESARE CHIERICATI - 22/12/2023

trenord«… I primi a muoversi erano stati quelli delle alte valli bergamasche, Brembana e Seriana, ora con noi si muoveva tutta la cerchia lombarda da Cremona a Voghera, a Mortara, Varese… Due ore per andare, due per tornare, la sosta di mezzogiorno, i percorsi in città. Tira le somme e sono quattordici ore al giorno, una settimana lavorativa di novanta ore come i tessitori del 1800… Arrivavamo a Lambrate alle sette e quaranta, con i soliti venti minuti di ritardo e una moltitudine di forsennati si lanciava giù dal treno ancora in moto, creava mischie furibonde all’imbocco dei sottopassaggi e il controllore, a me rimasto seduto a guardare, diceva: “gli hanno pagato la mezz’ora anche oggi” per dire che gli avrebbero tagliato la paga per il ritardo».

Il racconto di Giorgio Bocca è dei primi anni sessanta, un reportage sul pendolarismo apparso sul Giorno, allora quotidiano di punta e controcorrente nella grande omologazione editoriale dell’epoca. Con alcune varianti lo si potrebbe riproporre ancora oggi, basandoci sulle mail e i whatsapp che arrivano nelle redazioni dei giornali e nelle testate online della Lombardia.

Convogli soppressi, ritardi continui, treni strapieni, poca assistenza sono le lamentele ricorrenti e sempre più sfiduciate di chi la mattina presto si affida ai treni regionali per raggiungere il posto di lavoro o le sedi universitarie. Oggi poi le proteste social, sempre corredate da foto e filmini, non danno scampo a Trenord e a Fs: vetture stracolme oltre i limiti del regolamento, fermate improvvise, l’impossibilità di raggiungere le toilette sono un consolidato costume. Il tutto quasi sempre senza motivazioni accettabili perché, scrive a Varesenews un utente di Laveno Mombello il 22 novembre: «L’App di Trenord non comunica o comunica sempre in ritardo e giustifica i ritardi (sempre sbagliati) con motivazioni non vere. Mentre scrivo siamo a Saronno ma nessuno poteva salire, per mancanza di posto già da Abbiate Guazzone».

Una signora di Mortara ha comunicato ai media nei giorni scorsi che, dopo mesi di inutili tentativi, ha dovuto addirittura rinunciare, in accordo con i datori di lavoro, a un metà tempo a Milano. Stazione di partenza la vicina Abbiategrasso, ma da lì – dice lei – i treni quasi mai arrivano a destinazione in orario.

Sono passati sessant’anni dall’avventuroso pezzo di Bocca e di cose, gioco forza, ne sono cambiate parecchie sotto il cielo delle vecchie Nord. A cominciare dal potenziamento dei binari e delle linee, dal cambio delle carrozze, dal miglioramento tecnologico delle stazioni, dalla creazione di numerosi parcheggi di interscambio auto più treno. Nonostante ciò e nonostante le statistiche esibite dall’azienda, in contraddittorio con i comitati dei pendolari, sembra che l’antica propensione al ritardo endemico e al disordine di bordo siano ormai una sorta di supplemento da pagare o, peggio, una obbligatoria ipoteca sulle giornate di lavoro o di studio dei suoi abbonati.

Insomma si va in stazione accompagnati dalla sottile incertezza di non sapere se si parte e, in caso affermativo, quando – e se – si arriverà in tempi ragionevoli. Due anni fa in un circostanziato e interessante intervento sulla “Prealpina” il direttore operativo di Trenord, ingegner Giorgio Spadi, scrisse che «oggi anziché il tempo di percorrenza – per esempio tra Varese e Milano – conta di più il tempo complessivo della mobilità del cittadino, dalla porta di casa a quella dell’ufficio, della scuola o di qualsiasi altra destinazione. Allora più della velocità risultano importanti le frequenze del servizio, gli interscambi, la connessione della rete ferroviaria a quella del trasporto urbano e ai posteggi, la tecnologia e l’accesso alle informazioni di viaggio, la qualità del viaggio stesso, la valorizzazione del tempo passato a bordo del treno, del bus, o del metrò. Insomma la mobilità è un sistema di cui il tempo di percorrenza del singolo vettore è solo uno degli elementi da considerare».

Non c’è che dire: un quadro, razionale, idilliaco, quasi una promessa di beatitudine ferroviaria… Forse, illustre ingegnere, realizzabile in un improbabile altrove che oggi cozza con quanto seguitano a raccontare i numerosissimi utilizzatori delle storiche Nord.

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