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Attualità

IL CONO DI LUCE

FABIO GANDINI - 12/01/2024

berbenni

Padre Berbenni (da Varesenews)

Per chi ogni mattina ha nel convento dei padri Cappuccini di Varese e in Radio Missione Francescana un luogo di lavoro e di esistenza che si ripete, giorno dopo giorno, in abitudini sovrapposte, padre Gianfranco Berbenni era negli ultimi tempi di per se stesso un’abitudine. Un momento cui fare caso immancabilmente ma anche un po’ distrattamente, fino al giorno in cui purtroppo viene improvvisamente a mancare.

Come è accaduto oggi, quando invano abbiamo atteso di sentire quei passi lenti e cadenzati fare capolino vicino allo studio 2 della radio, all’apice di quella che abbiamo sempre immaginato come una lunga camminata nei grandi corridoi pieni di eco di cui consta l’enorme casa dei frati. Arrivato all’angolo, la sua figura un po’ curva sbucava nel cono di luce che usciva dalla stanza di registrazione in cui sempre sediamo, con quegli occhi vivaci che si erano essi stessi abituati a trovare sempre la medesima persona al di là dello sguardo.

Il buongiorno era allora un sorriso mite e sereno, cui si accompagnavano chiacchiere brevi e sempre uguali, alcuni direbbero di circostanza, che però mai ti restituivano la stucchevolezza che a volte si riscontra negli incontri ripetuti e senza confidenza: a quell’avvento breve, quasi sfuggente, eravamo invece molto affezionati, forse perché davvero bastava semplicemente ricambiare un sorriso per vederlo perfettamente compiuto.

Non veniva lì per noi, padre Berbenni. Dopo quegli scambi si girava e si chiudeva nella stanza attigua, per ore, seduto a una scrivania che una volta abbiamo sbirciato dalla porta e trovato piena di fogli, densi di appunti, e con un pc acceso al centro. E allora, ai sorrisi e all’abitudine, si era aggiunta la fantasia e la curiosità, entrambe a chiedersi quale occupazione intellettuale tenesse occupato per ore questo personaggio delle nostre giornate.

Oggi non ci rimane che aggiornare con tristezza e rammarico il libro, con troppe pagine, delle occasioni perse: un malore, accusato probabilmente durante la notte di un freddo sabato di gennaio, ha riportato padre Berbenni nelle braccia di chi presiede l’infinito.

È dai racconti di padre Gianni Terruzzi, direttore di RMF, che espiamo la colpa di non esserci mai fatti avanti. Padre Berbenni era uno studioso, in particolare uno dei massimi esperti della Sacra Sindone. Era nato a Bracca, in provincia di Bergamo, nel luglio del 1950, e aveva preso messa nel 1975, dopo un periodo di formazione vissuto proprio accanto a padre Terruzzi, che avrebbe rincontrato a Varese trent’anni più tardi nell’ultima tappa del suo peregrinare di religioso e, appunto, intellettuale.

Aveva insegnato, padre Berbenni, da specialista quale era in Storia della Chiesa. E viaggiato. Era stato a Milano, a Sondrio, a Cremona, poi tanto nella Capitale, dove tra l’altro era stato vice segretario dei frati cappuccini italiani, si era occupato della tutela della documentazione archivistica del Centro diocesano di sindonologia del vicariato di Roma e del Centro internazionale di studi sindonici “Othonia”. Per alcuni anni era stato inoltre anche docente alla Pontificia Università Lateranense e al Pontificio Ateneo “Regina Apostolorum”, sempre in Roma.

La sua spola si era fermata nella Città Giardino, definitivamente dopo l’inizio della pandemia di Covid. Ma in quella stanza, appena oltre il cono di luce della nostra, continuava ogni giorno i suoi studi e curava la rassegna stampa francescana, un’opera tutt’altro che poco dispendiosa nella sua quotidianità, seguendo anche un gruppo di fedeli. Infine si occupava pure di cucina, passione della maturità che faceva la felicità dei “colleghi” del convento, spesso deliziati nei pasti serali.

Certo, quel vecchio amico – perché tali rimangono sempre le conoscenze degli anni in cui la vita davanti pare un’autostrada infinita – di padre Gianni lo prendeva ogni tanto anche un po’ in giro, perché l’amore per le prelibatezze era arrivato a discapito di un po’ di forma fisica e quindi di quelle che una volta erano le gite in montagna e le sgroppate su un campo di calcio. Ma erano “buffetti” divertenti tra anime che l’esistenza e il Signore avevano messo sulla stessa via, in una maniera che il sacro rende ancora più forte di un’amicizia.

Ed è pensando proprio e a questo, e alla mancanza che lascia la morte di un fratello, che il nostro cono di luce oggi ha preso ombra.

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