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Attualità

IL SILENZIO DEI MENEFREGANTI

FABIO GANDINI - 19/01/2024

stadioUna capienza da 12 mila posti, con le tribune all’inglese vicinissime al campo, una copertura mastodontica che sarebbe diventata un asset dei “catini-gioiello” di Germania, Francia e Inghilterra solo dieci anni più tardi e il corredo di servizi commerciali e parcheggi in un’area da rivedere completamente.

Eccolo il progetto del nuovo stadio di Varese. Ma no, non quello svelato qualche mese fa: scriviamo di quello che per quasi quattro anni – da fine 2005 a fine 2009 – regalò l’illusione di avere un degno erede del nobile Franco Ossola.

Sono passati quasi 20 anni e la prima notizia è che la casa calcistica dedicata al varesino perito a Superga c’è ancora, più anziana, malandata, brutta e cadente che mai. La seconda è che delle sue condizioni non interessa quasi più a nessuno, in una città che ha perso vigore, spirito, passione per il calcio e anche tanta, tanta fiducia sull’argomento e verso gli eredi della storia biancorossa della pedata.

Ben lo si comprende bene se si raffrontano le iniziative del 2005 e del 2023.

Diciannove anni fa fu Riccardo Sogliano, che aveva fatto ripartire il motore del movimento di vertice cittadino dopo il fallimento del 2004, a premere sull’acceleratore per avere un nuovo impianto. Presentò il rendering, illustrò i piani, svelò a poco a poco il nome del finanziatore privato che avrebbe coperto i costi – la G.S.C. di Bergamo, una società specializzata nella costruzione di grandi spazi commerciali – e restò in attesa delle reazioni.

Due premesse sono necessarie per rituffarsi in quei tempi, una sportiva, l’altra politico-amministrativa. Per la prima basta annotare che il Varese del 2005 era una società in rinascita e pronta a vivere uno dei periodi più saldi e felici della propria epopea, almeno recente: svanito l’incubo della sparizione, iniziò – legandosi a personaggi del calibro di Maroso e Beppe Sannino – una scalata che dall’Eccellenza la portò, in sei stagioni, addirittura in Serie B. Sogliano non fece a tempo a godersi la cima: lasciò Varese e il Varese qualche anno prima, e fra poco scopriremo perché.

Per la seconda, invece, bisogna ricordare che la Città Giardino del tempo era una landa che restò per mesi priva di comando: il sindaco Aldo Fumagalli aveva dovuto lasciare la carica perché coinvolto in un procedimento giudiziario e il suo posto era stato retto pro-tempore dal commissario prefettizio Sergio Porena, il quale fece infine luogo a un altro leghista, Attilio Fontana, dopo il responso delle urne nella primavera del 2006.

E fu proprio la politica ad affossare Sogliano e il suo stadio, peraltro dopo averlo lodato. Il commissario mai (giustamente) si pronunciò su un’opera pubblica così cospicua e di carattere straordinario, ma i candidati sindaco in campagna elettorale si dissero favorevoli, dando in tal modo vita a una più unica che rara intesa bipartisan. Quindi – eletto Fontana – il nuovo primo cittadino prese in mano il progetto, ma in tre anni la spinta giusta per farlo nascere non arrivò mai, nonostante bandi, studi di fattibilità e richieste di integrazioni. Nel 2009, Sogliano – sconfitto in un’idea che avrebbe potuto cambiare il verso della storia calcistica varesina – fece i bagagli.

Quel che più a noi interessa oggi, però, è ricordare il rumore che negli anni citati si fece attorno al progetto stadio. La sola intenzione di costruire, al di là del risultato finale mancato, divenne il centro dei pensieri della politica e il centro di un dibattito che coinvolte stampa e tifosi: nacquero addirittura dei comitati di supporto e diverse manifestazioni riuscirono a portare centinaia di supporter per le strade, a manifestare la propria voce favorevole.

Oggi invece c’è un silenzio tombale, sebbene non siano passati che 2 mesi dalla conferenza stampa del Palace Hotel in cui Città di Varese e Aurora Immobiliare, ma non la politica, hanno tolto il velo dalle proprie intenzioni. Silenzio: i giornali non ne parlano, di comitati non si vede l’ombra e i tifosi, così come i cittadini “normali”, sono catturati da ben altri pensieri.

Se finì in un nulla di fatto lo stadio “amato da tutti”, come potrà finire lo stadio di cui “non frega un tubo a nessuno”?

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