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L'antennato

COME NEI SESSANTA

STER - 19/01/2024

colpo-di-lunaAlla prima inquadratura dello studio, si potrebbe esclamare: “regia di Antonello Falqui”? Poi però l’immagine non è in bianco e nero e le linee ora sinuose ora spigolose della platea che abbraccia la scena, le sagome degli orchestrali e i pannelli girevoli delle quinte non definiscono ardite prospettive metafisiche, ma rievocano solo grandi spazi vuoti, quasi ospedalieri.

La citazione dei grandi show anni ‘60/’70 è, nel nuovo show di Virginia Raffaele “Colpo di Luna”, in onda in prima serata su RaiUno ancora per due venerdì, una vera dichiarazione d’intenti. La regia è firmata dal mostro sacro Duccio Forzano.

Lei è bravissima, anche se non è Mina; canta, balla, imita, recita, intervista con soave scioltezza. E di certo non sono Gassman, Totò o Tognazzi gli ospiti che le hanno orbitato attorno nella prima puntata, da Fabio De Luigi a Stefano Accorsi (ovviamente in promozione di un loro film) o la signora Coriandoli, o ancora – oso dire – persino Gianni Morandi, sempre eccezionale simulacro di se stesso, energico come un ventenne ma ormai inesorabilmente chiuso nel corpo di un ottantenne che avrebbe voglia (e forse anche diritto) di godersi la pensione in campagna. Là dove la tigre di Cremona aveva come alter ego maschile Alberto Lupo, oggi troviamo al fianco della Raffaele, il buon Francesco Arca. Sic transit gloria Rai.

Ci poniamo la domanda: ha un senso oggi rincorrere, anche solo per citare, i grandi show del passato Rai, quelli che venivano seguiti da venticinque milioni di persone perché non c’era nient’altro da vedere durante la settimana e in nessun altro posto, che non fosse la radio?

Domanda con risposta difficile: non è solo il gusto comune a essere cambiato, oggi la fortuna di un programma televisivo si misura con la risonanza social che riesce ad avere e le tempistiche dilatate dello show della Raffaele, fatto di gag, interviste in poltrona (per quanto piene di “interazioni”, come si usa oggidì) e pure il corpo di ballo in salsa optical, forse non rendono facile l’impresa. A una gag chilometrica anche ben scritta e interpretata, quali in effetti sono, non si riesce più a prestare la necessaria attenzione, sia da casa in poltrona che aggrappati ai telefonini in metrò.

Forse non è un caso che il primo scontro Auditel tra la Raffaele e lo show di Bonolis “Ciao Darwin” (anch’esso peraltro residuato di un’altra epoca televisiva, gli anni 2000, ma comunque meno arcaica), abbia visto prevalere quest’ultimo. Al di là degli escamotage per pompare i dati (di cui già abbiamo parlato: nel caso di specie, Bonolis finisce cinquanta minuti dopo la Raffaele e in quel lasso di tempo si impenna lo share), Ciao Darwin sembra impaginato appositamente per essere fatto a pezzi e “ritrasmesso” via social sotto forma di tanti “meme” mostruosi e virali.

Virginia Raffaele, asserragliata nel suo desertico studio agée, porge invece i suoi cesellati contenuti con lo stesso piglio altero di un maggiordomo inglese degli anni trenta, con rarefatta compassatezza, uno per uno, ben distaccati.

Un tentativo nobile, che meriterebbe un premio; l’augurio è che per le prossime puntate (peraltro, già registrate) il livello degli ospiti salga un po’, ciò darebbe una mano all’ottima padrona di casa, che si merita di entrare stabilmente nell’Olimpo dello spettacolo.

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