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Fisica/Mente

CURARSI ALTROVE

MARIO CARLETTI - 26/01/2024

curarsialtroveTra i molteplici cambiamenti portati dalla pandemia legata al Covid, vi è stata anche una netta riduzione della cosiddetta migrazione sanitaria, che stando invece agli ultimi dati raccolti (ed elaborati da GIMBE) pare essere tornata gradatamente ai livelli pre pandemici.

Premesso che il nostro Sistema Sanitario Nazionale garantisce l’assistenza nella propria Regione ad ogni singolo iscritto presso le proprie strutture, il cittadino può comunque come suo diritto farsi assistere in un’altra Regione.

Questo fenomeno è definito come mobilità sanitaria regionale, esistendo ovviamente anche una mobilità sanitaria europea o internazionale.

Il primo caso che è quello che maggiormente ci interessa, sia per motivi economici che sociali, identifica l’attrazione di una Regione verso cittadini di altre regioni per prestazioni sanitarie erogate. Viene talvolta distinta in attiva cioè la capacità che un servizio sanitario regionale ha di richiamare pazienti per la propria alta qualità, o passiva quando il cittadino non trova nella propria Regione una risposta adeguata alla sua domanda e quindi guarda altrove.

Dal punto di vista puramente economico la mobilità attiva è una voce di credito per la Regione che ospita, mentre quella passiva è una voce di spesa/debito per chi perde, in quando la Regione ospitante è rimborsata da quella di residenza del paziente.

In generale sono 7 le voci dei flussi finanziari che indicano altrettante tipologie di prestazioni sanitarie erogate: ricoveri ordinari e day hospital (differenziati per pubblico, IRCCS privati o altro privato), Medicina Generale, Specialistica Ambulatoriale (pubblico e privato), Farmaceutica, Cure Termali, Somministrazione diretta di farmaci ed infine trasporti in ambulanza e/o elisoccorso.

I rapporti tra regioni per addebito, eventuali contestazioni e controdeduzioni è complesso ed articolato e le stesse Regioni hanno formalmente chiesto più volte di snellirlo. Noi diamo però una occhiata solo ai numeri per capire qualcosa in più.

Giusto per stimare il fenomeno stiamo parlano di cifre superiori ai tre miliardi di euro l’anno con un flusso chiaramente orientato da Sud verso Nord.

Tre sono le Regioni che richiamano di più Lombardia (20%), Emilia Romagna (16,5) e Veneto (13) mentre Lazio Piemonte e Toscana (rispettivamente con 8,7,5) arrivano al 21.

Per mobilità passiva in testa Lazio (14%), Lombardia (11) e Campania (10), mentre non è stato possibile raccogliere i dati della Calabria.

La stragrande maggioranza degli spostamenti (oltre 85%) riguarda i ricoveri ordinari ed il day hospital, molto a distanza (16%) segue la specialistica ambulatoriale.

Più della metà del valore economico della migrazione sanitaria è erogata da strutture sanitarie private accreditate (53%).

Il miglior saldo positivo delle Regioni vede in vetta l’Emilia Romagna (sopra i 300 milioni) seguita da Lombardia (250) e Veneto (165), mentre il saldo negativo peggiore è a carico di Campania (222), Lazio (202) e Sicilia (173).

Facile quindi dedurre che le Regioni nelle quali operano strutture sanitarie private accreditate in grado di fornire prestazioni sanitarie ritenute di alto livello professionale siano quelle che richiamano il maggior numero di pazienti.

Questo avviene in particolare per Molise (87%), Puglia (71), (Lombardia 69) e Lazio (62) nelle quali oltre il 60% delle prestazioni fornite sono a carico del privato accreditato.

In questi costi non sono stati inseriti quelli a carico dei pazienti per la mobilità vera e propria, quindi spostamenti, sistemazione alberghiera etc.

Questi numeri indicano chiaramente quanto attrattivo sia il mercato sanitario come business e soprattutto quanto sia importante tenere equilibrato e corretto il rapporto tra pubblico e privato, nell’ottica di garantire le prestazioni migliori a prezzi corretti.

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