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Andateci

LUGANO

SILVANO COLOMBO - 01/02/2024

Lugano: Chiesa Santa Maria degli AngioliTornando a casa da Castello in Valsolda, vi suggerisco di fare tappa a Lugano, arrivando, nel senso più pregnante del termine, prendendo la riva di fronte alla chiesa di Santa Maria degli Angioli, costruita ai primi del Cinquecento appena fuori il nucleo del borgo. Ripensandola ad allora, si deve apprezzare il sito solitario sul quale i padri francescani fecero erigere e chiesa e convento. Un punto di incontro e di ristoro per i pellegrini che via terra o via lago giungevano nel borgo di Lugano.

Apprezzate la facciata schietta di pietra, con unico portale con arco a pieno centro, conclusa però da un timpano che include un oculo e viene sigillato da una profilatura in laterizi secondo il gusto tardo gotico lombardo. Insomma una memoria del tempo appena trascorso con un assaggio di modernità, che voleva dire il rinascimento, in chiave però di schiettezza, quasi di povertà, alla francescana.

Appena entrati vi si squaderna di fronte una parete che interrompe il vano della chiesa. È un tramezzo che separa l’aula pubblica dall’area sacra dell’altare e dallo spazio riservato ai monaci.

Sulla parete di fronte si stende un affresco di impareggiabile qualità sia di fede, per il messaggio che manda, sia di qualità artistica, perché dovuto al pennello di Bernardino Luini, che lo datò nel 1529.

Il tema frontale è quello della Crocifissione del Cristo e dei due ladroni che ne occupa il campo cuspidato, cioè quello superiore.

Nell’inferiore è un assembramento di figure tale da non consentire di trovare l’agevole risalto del gruppo della Madre sorretta dalle Pie Donne, a sinistra, mentre dalla parte opposta i soldati si giocano a dadi la veste inconsutile del Cristo.

Vi suggerisco di assestare ben bene la vista, il cuore e la ragione per non farvi distrarre dall’emergenza delle figure centrali appena accennate e delle sottostanti.

La costruzione dello spazio è assai più raffinata e impone una lettura che parte dall’alto a sinistra, dove, con il mistero della preghiera di Cristo nell’orto di Getsemani prende avvio la sua Passione, scende verso di noi nel pronao colonnato di un edifico sacro, dove si contempla il mistero della Incoronazione di spine, per poi uscire da quello spazio e sfilare verso destra fino a raggiungere il Calvario dove verrà piantata la croce del Cristo, qui davanti a noi. A questo punto si deve scendere per incontrare la Madre sorretta dalle Pie Donne e proseguire a destra, dove sono i soldati che giocano a dadi la veste. Poi, risalire sulla destra e incontrare il momento della Deposizione del corpo dalla croce in grembo alla Madre: la vera e propria Pietà che sarà fulcro di tanti Sacri Monti montani e Santuari delle nostre zone. All’estrema destra, nello spazio di un pronao che replica quello della Incoronazione di spine, il Cristo si manifesta dopo la deposizione all’incredulo discepolo Tommaso. Infine, nella porzione superiore di quel vano, ma in effetti sprofondando, si assiste alla Trasfigurazione, che sfuma nel cielo, di modo che la lettura di tutta la parete avviene da un campo lontano, si avvicina, come un’onda che tocca la riva, si dilata verso la Croce, e rimonta sul fondo, sfumando nella Trasfigurazione.

Credo risulti evidente che non si può “leggere” questa pagina affrescata come spesso si è fatto, non cogliendo il nesso narrativo e affermando trionfalmente quante figure vi siano messe in scena.

Vi suggerisco, per concludere, di immaginare un padre predicatore francescano che avrebbe potuto far leggere la Passione del Cristo ai fedeli radunatisi al Vespro, alla luce sempre più affievolentesi del tramonto, insinuata dalla finestra ad occhio sulla facciata, rinforzata da fiaccole.

Prendeva in tal modo corpo una meditazione sulla Passione che derivava dal Sacro Monte di Varallo Sesia: la Nuova Gerusalemme, e che agli inizi del Seicento sarebbe divenuta la preghiera monumentale del Rosario sulle pendici del Sacro Monte sopra Varese, opera promossa dal francescano Padre Giovanni Battista Aguggiari.

Andateci, anche perché dopo aver subita l’inebriante e frastornante esperienza del barocco a Castello in Valsolda, troverete un accento di verità, vera e salda: francescana.

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