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Sport

LOTTERIA VAR

CESARE CHIERICATI - 08/03/2024

varSostiene Paolo Casarin, classe 1940, gran fischietto anni ottanta e opinionista principe di Rai e Corsera,” che gli arbitri sono in difficoltà ma vivono un periodo particolare. Con le regole che vengono troppo spesso cambiate sono confusi e il loro metro di giudizio ne risente in modo inevitabile.” Davvero difficile non essere d’accordo con lui. Chi ha gettato qualche volta lo sguardo tra codici e pandette del calcio ne è rimasto sbigottito, norme e regolamenti sono cresciuti come i funghi sotto i faggi. Con un unico obiettivo: fare più gol, “come se un 6-0 sia obbligatoriamente più divertente di un combattuto 2-1” sostiene sempre il guru di Mestre. Di qui “l’accanimento” Var (Video assistenza arbitrale entrata in funzione nel campionato 2017/2018) nel ricercare falli, falletti e situazioni dubbie su cui attirare l’attenzione dell’arbitro in campo.

“La Var non dovrebbe fare una affannosa ricerca dell’errore – sostiene Casarin – ma valutare se una cosa non vista dall’arbitro era fallo chiaro o no. Deve quindi correggere eventuali falli chiari non visti”. In realtà la procedura di intervento delineata al debutto della tecnologia in campo è piuttosto semplice: 1. I due arbitri Var domiciliati nella sede centrale di Lissone informano il collega in campo se c’è qualcosa da rivedere 2. Rivedono e spiegano cosa è accaduto in base a quanto registrato dalla telecamere da diverse angolazioni 3. Il fischietto richiamato, disegnando con le mani nell’aria il perimetro di uno schermo, può rivedere a bordo campo il caso dubbio. Alla fine di questa procedura, che può risultare insopportabilmente lunga nella concitazione di una partita, sono comunque i direttori di gara a decidere. Molti di loro si sono invece sentiti messi sotto tutela dalla tecnologia stessa e limitati dall’interventismo dei colleghi ai monitor. Un vulnus alla loro discrezionalità. Da monarchi assoluti ridimensionati a semplici primi fra pari, soprattutto quelli afflitti da narcisismo in eccesso.

E allora, dopo un solo anno, nell’estate 2018 ecco arrivare sotto traccia nel protocollo Var due aggettivi: “chiaro ed evidente” con riferimento all’eventuale errore commesso dall’arbitro in campo. Si tratta di due termini molto problematici nella valutazione di un’azione di gioco. “Chiaro ed evidente” può risultare un calcione rifilato all’avversario mentre invece può non risultare tale una dolorosa gomitata inflitta nella confusione di una mischia di gioco. Di fatto oggi si tende a un uso squilibrato della Var perché o la si impiega troppo, cercando falli e falletti, o troppo poco ignorandoli anche quando sono piuttosto evidenti. Con i calciatori che in generale, con i loro comportamenti, non danno certo una mano ad arbitri e guardalinee.

Davvero molto difficile trovare un equilibrio Var condiviso perché la discrezionalità degli arbitri non è in alcun modo eliminabile. Per tutte queste ragioni la tecnologia in campo e’ un aiuto e va accettata con umiltà da parte di tutti gli attori protagonisti, una qualità quest’ultima che scarseggia però nella classe arbitrale spesso incline all’autoreferenzialità e al decisionismo fuori luogo. Rivolgersi ai colleghi ai monitor dovrebbe essere per chi sta in campo la regola, ben inteso in presenza di situazioni dubbie o di difficile valutazione.

Vale infine la pena ricordare che sono solo quattro i casi in cui è lecito per i direttori di gara e i loro assistenti ( quarto uomo e guardalinee) ricorrere alla Var: in occasione di un goal, per l’assegnazione o meno di un calcio di rigore, per l’espulsione diretta di un calciatore, per un errore di identità nell’attribuzione di un fallo e relativa sanzione.

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