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Storia

LA CICLISTA OLTRE I LIMITI

CESARE CHIERICATI - 29/03/2024

stradaDicono le carte che a pochi chilometri da Trento, non lontano da Pergine Valsugana nella valle dei Mocheni, isola linguistica gemanofona con radici medioevali, c’è un bizzarro Museo del paracarro. Tra i tanti custoditi uno di colore rosa è dedicato alla memoria di Alfonsina Strada, pioniera assoluta del ciclismo agonistico italiano declinato al femminile. Una storia e un nome noto il suo, celebrato – peraltro solo a partire dagli anni ottanta del novecento – da spettacoli teatrali, racconti, recital e quant’altro. Per la verità ad accorgersi di lei erano stati, già nel 1950, due compositori del calibro di Giovanni D’Anzi e Marcello Marchesi con la celebre canzone Bellezze in bicicletta che attaccava così: “Ma dove vai bellezza in bicicletta così di fretta pedalando con ardor ?”.

L’ardore certo non faceva difetto alla ragazza Alfonsina nata nella desolata Fossamarcia, nei pressi di Bologna. Infatti un secolo fa, per l’esattezza il 10 giugno 1924, prese parte al dodicesimo Giro d’Italia organizzato dalla Gazzetta della Sport. Un’edizione senza gli assi dell’epoca (Girardengo, Brunero, Bottecchia) perché l’organizzazione, non essendo in grado di far fronte alle richieste economiche delle squadre, decise semplicemente di farne a meno. Così gli atleti dovettero iscriversi a titolo individuale.

Tra le varie richieste spiccava quella di Alfonsina Strada che aveva già alle spalle importanti prestazioni “miste”, come la partecipazione a due Giri di Lombardia (1917 e ’18) e prestigiosi successi ottenuti in Francia, in Russia, in Belgio. In Italia i suoi slanci ciclistici erano invece giudicati con ironia, sarcasmi e pregiudizi in quantità industriale. D’altra parte avere allora una figlia sportiva non era considerata esattamente una fortuna, quasi una disgrazia se era ciclista. La pensavano diversamente il direttore della Gazzetta Emilio Colombo e l’amministratore Armando Cougnet che dopo tanti tentennamenti diedero via libera all’iscrizione di Alfonsina. Non ci credevano neppure i tipografi dei giornali che fino all’ultimo girarono il suo nome di battesimo al maschile: Alfonsino Strada. Soltanto alla partenza l’equivoco sessista venne definitivamente chiarito.

I novanta partenti erano attesi da 3611 km. diluiti in dodici tappe e undici giornate di riposo. Quasi tutte le strade erano al limite della praticabilità. Per la ragazza emiliana quel Giro tanto ambito si rivelò in certi momenti un autentico calvario a pedali. La tappa Bologna – Fiume di 415 km. la vide in sella per 21 ore. Anche due commentatori tra i più scettici e irriverenti della carovana si arresero alla sua determinazione e al suo coraggio. In realtà Alfonsina correva per passione ma anche per necessità. Il marito Luigi Strada, meccanico, che il giorno delle nozze le aveva regalato una fiammante bici da corsa, era finito in manicomio colpito da una patologia psichiatrica all’epoca incurabile. E lì era mancato. Così alla bimba nata dalla loro unione dovette sempre pensare lei, coi soldi frutto delle sue fatiche ciclistiche.

Aver portato a termine quel Giro d’Italia del ’24 fu un’impresa che l’aiutò non poco a dilatare la sua parabola agonistica. In Spagna, Francia e Lussemburgo passò anche attraverso fortunate esibizioni nei circhi equestri. A quasi cinquant’anni chiuse con le corse e le esibizioni. Dopo nuove nozze apri a Milano un negozio di biciclette con annessa officina. Il 13 settembre 1959 si congedò dalla vita. Non le aveva lasciato scampo un infarto mentre cercava di riavviare la sua Guzzi 500. Era appena rientrata a Milano dopo aver seguito la Tre Valli Varesine, una gara che sempre l’aveva affascinata.

Due libri belli e godibili in questi anni ne hanno rilanciato la storia: “Gli anni ruggenti di Alfonsina Strada, l’unica donna che ha osato correre il Giro d’Italia assieme agli uomini, di Paolo Facchinetti, Edicicloeditore; Alfonsina e la strada di Simona Baldelli, Sellerio”. Di sicuro entrambi hanno contribuito a far sì che la vetta più alta del prossimo Giro d’Italia Women 2024 – partirà il 7 luglio – fosse denominata dagli organizzatori “Cima Alfonsina Strada”. Un messaggio chiaro per ricordare finalmente a tutti che Alfonsina Strada fu un’autentica pioniera della parificazione tra sport maschile e femminile. Misconosciuta per decenni. Vedremo se anche il Giro degli atleti maschi professionisti – in partenza dalla Venaria Reale il 4 maggio prossimo – saprà ricordarla.

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