Widgetized Section

Go to Admin » Appearance » Widgets » and move Gabfire Widget: Social into that MastheadOverlay zone

Attualità

GUERRA

SERGIO REDAELLI - 29/03/2024

donchisciotte“Dio è assente dai campi di battaglia” sentenzia nel 1946 il poeta e narratore svizzero Blaise Cendrars, volontario in Africa con la Legione Straniera nel primo conflitto mondiale, che subì l’amputazione di una mano in combattimento. Nel romanzo autobiografico “La mano mozza” l’autore non riconosce alla guerra alcun significato e valore personale e collettivo contrariamente a quanto la cultura occidentale crede sin dai tempi dell’Iliade, il poema guerriero della Grecia antica. Questo tranciante giudizio decreta anzi la fine della tradizione millenaria che dà alla guerra un senso salvifico come forma di violenza positiva.

La citazione è tratta dal libro di Antonio Scurati “Guerra, il grande racconto delle armi da Omero ai giorni nostri” edito da Bompiani nel 2022. L’autore, già noto per una serie di libri su Mussolini e il fascismo, fa appena in tempo a inserire nel testo l’invasione russa dell’Ucraina (febbraio 2022) e si chiede se l’Occidente stia rispondendo a Putin “attingendo agli archetipi millenari che credevamo ormai seppelliti dal pacifismo della seconda metà del ‘900”. Gli attentati del 2001 alle Torri Gemelle, secondo Scurati, hanno infatti riconsacrato “la guerra demistificata e screditata negli anni ’60 e ’70 del secolo scorso come il nucleo di una mitologia che la civiltà occidentale considera il versante virtuoso, trasparente, glorioso della violenza e un grande, luminoso spettacolo”.

Putin, scrive Scurati, ha invaso uno Stato sovrano sul suolo europeo senza alcuna giustificazione pianificando un brutale attacco territoriale per mezzo di divisioni corazzate e meccanizzate, bombardando crudelmente e vigliaccamente obbiettivi civili, calpestando sfacciatamente ogni diritto internazionale. E l’autore si chiede se noi occidentali d’Europa abbiamo già cominciato ad aspettarci “il momento della verità in cui le controversie si risolvono irrevocabilmente con la guerra, gli individui mostrano il proprio valore, le identità dei popoli si definiscono con la lotta e la vicenda umana trova il proprio senso nel racconto sanguinoso e memorabile”.

Come uno spettacolo infatti la guerra inspiegabilmente attrae, la soluzione armata dei conflitti illude, la prova di forza finale misteriosamente seduce. Ma è una rappresentazione bugiarda. Che sia epica, romanzesca o televisiva come accade ai giorni nostri la narrazione della guerra inganna. Nell’Iliade, Omero risolve quasi esclusivamente con la tecnica poetica – il duello per la gloria tra due campioni appiedati che si battono corpo a corpo all’arma bianca – il cruento scontro tra gli eserciti. Ma, spiega Scurati, la ricostruzione archeologica dei conflitti armati in epoca micenea coeva alla guerra di Troia mostra forti discrepanze con l’immagine letteraria.

Senza metterla in scena, nell’Enrico V, Shakespeare invita il pubblico a immaginare l’angusto spazio del palcoscenico come il vasto campo della battaglia di Agincourt che nel 1415 fu testimone della carneficina di ottomila soldati francesi di Carlo VI di Valois. E nel Riccardo III “spettralizza” la battaglia facendo apparire a Riccardo, la notte prima dello scontro, i fantasmi delle sue vittime. Ludovico Ariosto conquista il lettore dell’Orlando furioso, in ogni epoca, con la verosimiglianza degli eventi bellici che racconta anche se fa leva perlopiù sugli aspetti deteriori e antieroici, il panico del guerriero, i difetti fisici dei soldati, i massacri dei civili nelle città ribelli.

Ancora, scrive Scurati, il cavaliere errante Don Chisciotte di Miguel de Cervantes, capolavoro che inaugura la tradizione del romanzo moderno, è un guerriero che vede il mondo come un immane campo di battaglia e vi cerca ingannevolmente la gloria scambiando per nemici i mulini a vento. E nella Certosa di Parma Stendhal fa partire il protagonista Fabrizio Del Dongo per incontrare Napoleone Bonaparte non per liberarsi dalle catene politiche del giogo austriaco sull’Italia, ma per fuggire dalle vecchie mura annerite, dal triste e gelido castello in cui la sua giovinezza langue e le malinconie gli avvelenano l’esistenza. La guerra è davvero il momento della verità o è solo il disastroso sfogo degli istinti bestiali di chi la provoca?

Facebooktwittergoogle_plusredditpinterestlinkedinmail

You must be logged in to post a comment Login