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Cultura

NON VOLTARTI

LIVIO GHIRINGHELLI - 11/04/2024

orfeo-ed-euridiceL’orfismo è un movimento religioso dell’antichità greca e dell’ellenismo. Prese avvio nel V, IV secolo a.C. dal personaggio Orfeo (greco= espulso, solo)  per diffondersi in Grecia, Creta, nell’Italia meridionale e in Asia minore.

Eroe dell’età preomerica, Orfeo, figlio del dio dei fiumi Oiagros e della musa Calliope, ha avuto in dono da Apollo l’arte della musica e del canto, con cui riesce a incantare non solo gli uomini, ma anche le fiere, le piante e le rocce. E commuove persino Ade, signore degli inferi. Vi è sceso per strappare alla morte la moglie Euridice. Ade acconsente a liberarla, purché Orfeo non si rivolga a guardare la consorte prima di raggiungere la terra. Conquistata dal suono della lira, Euridice segue Orfeo tra le ombre, ma prima di giungere alla luce Orfeo si volge perdendola per sempre.

L’incanto della musica si è convertito dalla sua malia magica e universale nella morte. Orfeo intanto, avendo indotto gli uomini della Tracia ad abbandonare le loro famiglie per seguirlo, subisce la vendetta delle consorti, che lo uccidono e ne fanno strazio. Il suo canto potrà continuare a vivere sull’isola di Lesbo, con la sola prospettiva del rimpianto, ma anche della rinascita.

Sulla scia del mito la storia della musica e del dramma fa registrare a seguito del fascino di questa tragedia sublimata due capolavori: l’Orfeo ed Euridice, opera in tre atti di W.Gluck, su libretto di R. de’ Calzabigi (prima rappresentazione a Vienna presso il Burgtheater il 5 ottobre 1762 ) e l’Orphée aux enfers, operetta in due atti di J. Offenbach su libretto di H. Meilhac e L. Halévy  (prima rappresentazione a Parigi, Bouffes Parisiens, 21 ottobre 1758).

L’incontro di Gluch a Vienna con Calzabigi segna la nascita di quella riforma del dramma musicale che verrà poi esposta programmaticamente nella famosa prefazione all’Alceste. Calzabigi, letterato e avventuriero, accademico, amico di Casanova, divenne a Vienna consigliere dell’Imperatore. In relazione al virtuosismo galante e rococò del melodramma settecentesco, l’Orfeo ed Euridice di Gluck afferma i principi di una nuova purezza espressiva, la linea disadorna del canto, la scrittura orchestrale severa, strettamente unita alla parola, la misura della passione espressa nel celebre lamento elegiaco, più che disperato, di Orfeo: «Che farò senza Euridice?». La parte del protagonista in origine era assegnata alla voce di un sopranista (evirato con una espansione di voce superiore a quella normale). Rispetto alla tradizione del mito si registra la variante vistosa di Euridice restituita al consorte. Dubbi crudeli l’assalgono mentre Orfeo l’esorta a seguirlo senza guardarla.

L’Orphée aux enfers di Offenbach offrì invece della vicenda un quadro che parve a una parte dl pubblico borghese un quadro scandaloso e dissacrante, ma sotto la farsa appariva ai più una satira corrosiva del Secondo Impero e della nuova nobiltà “borghese” di Napoleone. Orphée, nonostante tutto, vive per la sua spiritosa verve ritmica e melodica, l’amoralità brillante. Celebri dell’operetta i due can-can e il valzer. Ora Euridice si presenta come una donna che tradisce da tempo Orfeo consapevole; contro le attese del pubblico a sorpresa ad Orfeo non resta che ridiscendere nell’Oltretomba.

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