(C) Vi devo proporre l’apologia paradossale di un personaggio dell’economia e dell’informazione di alto livello (troppo poco dire ‘giornalista’) quale Federico Rampini.
(O) Che cosa ha fatto di male?
(S) Ma sì, ha parlato bene di Musk e indirettamente di Trump. Oggi in Europa è peccato mortale, benché avesse dichiarati di votare Harris come presidente, con la correzione di un voto repubblicano alle Camere. Però mi sembra in grado di difendersi da solo.
(C) Certo, ma vorrei divulgare le sue conclusioni e più ancora il suo metodo nella pur ristrettissima cerchia di amici che ci legge. Qualche giorno fa ha pubblicato un lungo e documentato articolo sulla newsletter GLOBAL pubblicata da Corriere.it, dal titolo: “Operazione DOGE: una lettura alternativa, sulle resistenze contro il Grande Satana”. Rampini trascura deliberatamente tutte le possibili critiche ad altre iniziative Trump-Muskiane, per concentrarsi sulla missione del Department of Government Efficiency, il compito istituzionale di Musk, la riduzione degli sprechi e delle rendite parassitarie nelle pubbliche amministrazioni.
(S) Missione impossibile. Non ci è riuscito Reagan, si è bruciato Monti, è tornato a far il professore l’appoggiatissimo Cottarelli, che pure si prefiggeva obiettivi affatto minimali di poche migliaia di milioni. Che ci provi a farlo in Usa e non venga a spaventare gli elettori europei.
(O) Però è strano, Trump-Musk spaventano l’Europa solidaristica e riscuotono il consenso di quella nazionalistica, per pura simpa/antipatia ideologica, quando proprio chi governa paesi europei deboli politicamente ed economicamente declinanti dovrebbe avere maggior timore di essere lasciato solo a sfangarsi con l’aggressività di Russia, Cina, Iran, Turchia e con il problemone africano. Stupisce meno che l’Europa sia in ritardo nel contenimento della spesa rispetto ad Usa, che non hanno la stessa tradizione di SPESA PUBBLICA per welfare.
(C) Citando un’analisi dell’Economist, settimanale britannico decisamente e da sempre contrario a Trump, Rampini ipotizza che lo Stato europeo, sociale e democratico diventi sempre più irresistibilmente uno Stato-Leviatano: “sempre più grosso, mostruoso e costoso, inefficiente ma indomabile. Questo Stato-Leviatano si è sempre mostrato più forte di chiunque volesse riformarlo. Oso azzardare un’ipotesi: forse solo i metodi “dirompenti” di un Musk possono riuscire laddove tutti gli altri hanno fallito?”
(O) A mia volta oso riproporre un vecchio slogan: PIÙ SOCIETÀ, MENO STATO. Che non vuol dire diminuire la responsabilità delle istituzioni, ma distribuirla secondo il principio di sussidiarietà, verticale, verso le realtà locali, orizzontale verso le realtà sociali e circolare, secondo la concezione sostenuta da Zamagni, attuando una reale collaborazione tra pubblico, privato-impresa e privato-sociale.
(C) Prima hai citato il “problemone africano”. Visto da tutti i lati, compreso quello della gestione dell’emigrazione, credo che nessuno si faccia illusioni sulla soluzione con risorse statali o con l’azione interessata delle imprese, sia occidentali, sia cinesi. Rampini analizza senza pregiudizi anche i decennali fallimenti della cooperazione allo sviluppo americana, USAID. Sinceramente mi sento di aggiungere con maggiore preoccupazione l’azione delle varie organizzazioni derivate dall’ONU: macchine complesse e burocratiche che assorbono più risorse di quelle che riescono a portare a destinazione. Anche in questo campo, per lunga e diretta esperienza, posso testimoniare la grande differenza tra l’efficienza e anche la facilità di accoglienza delle realtà non statali e i programmi di aiuto realizzati per mezzo di gestioni politicizzate e burocratizzate, spesso decadute in inefficienza e corruzione.
(S) Apprezzo il vostro ottimismo, cari amici, con un piccolo sforzo riesco ad immaginare che il trump-muskismo ottenga qualche risultato in USA. Dubito sia una ricetta applicabile in Europa, che vedo prigioniera dello schema “fare spesa sociale per vincere le elezioni, alla faccia del debito pubblico”.
(C) Io spero che il Trumpismo non si affermi come politica, né in Usa, né altrove, ma sinceramente m’intriga l’idea che esista una vera idea di rapporto Stato/Società, magari persino “disruptive, rottamatrice”, capace di cambiare il destino declinante della vecchia e stanca Europa.
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