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Opinioni

IMPARARE IL LAVORO

ROBI RONZA - 07/03/2025

produzione-industriale-italiaNel 2024 la produzione industriale è diminuita in Italia del 3,5 per cento rispetto al 2023. Lo ha reso noto l’Istituto Centrale di Statistica, Istat, il 17 febbraio scorso. In effetti la riduzione è in corso da qualche anno più o meno in tutta l’Unione Europea, in primo luogo a causa della crisi dell’industria automobilistica, ma più che altrove in Italia dove però ha un impatto sociale meno evidente perché frattanto l’occupazione aumenta. A tale aumento contribuiscono però soprattutto i servizi, e in particolare quelli più semplici, caratterizzati da salari più bassi, da una minore produttività e da un limitato valore aggiunto.

A lungo termine l’Italia continua perciò ad impoverirsi più degli altri maggiori Paesi industriali dell’Ue. Quali sono le cause di questa specifica situazione? In primo luogo un elemento fondamentale che viene di rado sottolineato: le conseguenze delle guerre in cui singoli Paesi alleati o l’Unione Europea si sono coinvolti in modi risoltisi nella chiusura di mercati importanti per l’Italia. Basti pensare all’attacco francese alla Libia di Gheddafi, alla crisi della Siria di Bashir al-Assad che Obama nel 2011 fece precipitare in una guerra civile durata fino al dicembre 2024, all’inasprimento delle relazioni con la Russia e al successivo sostegno dell’Unione Europea all’Ucraina attaccata da Mosca. A prescindere dalle ragioni immediate di queste iniziative sta di fatto che a pagarne le spese è stata innanzitutto l’Italia, che a causa di esse ha perduto mercati importanti. Non certo quando erano ormai roventi, ma al loro inizio tutte queste crisi avrebbero potuto essere gestite senza spingerle a tutti i costi verso la guerra, ma ciò non interessava ai paesi nordatlantici, che predominano non solo nella Nato ma anche nell’Unione Europea.

Nel loro insieme queste vicende hanno sconquassato le due grandi aree verso cui l’economia italiana stava espandendosi, ossia l’Europa sudorientale e i paesi della riva sud del Mediterraneo. Con gravi conseguenze non solo per quanto concerne i Paesi teatro delle guerre ma anche altri, come ad esempio l’Egitto dove l’Italia stava lavorando ad una gigantesca operazione di co-sviluppo. Oltre a questo ci sono poi motivi interni: il costo dell’energia, la scarsa qualità dell’amministrazione statale e la scarsa offerta di lavoro qualificato. L’energia continua a costare molto, anche perché nel 1987 l’Italia rinunciò al nucleare in forza di un referendum popolare, col risultato che adesso importa energia elettrica di origine nucleare dalla Francia, dalla Svizzera e anche dalla Slovenia. Il grosso dell’energia elettrica prodotta in Italia deriva comunque dal gas, che prima dell’attacco russo all’Ucraina veniva importato a basso costo dalla Russia. Adesso il suo prezzo è ovviamente salito moltissimo. La seconda fonte per importanza è quella idrica, che ha un costo enormemente inferiore. In Italia però per legge l’energia idroelettrica viene venduta allo stesso prezzo di quella prodotta col gas. Questa norma è stata introdotta per non svantaggiare alcuni produttori minori che, a differenza dei due maggiori (Enel e A2A) non dispongono di centrali idroelettriche. Quindi, dal punto di vista del consumatore, il vantaggio di avere energia prodotta da centrali idroelettriche è annullato. La scarsa qualità dell’amministrazione statale è un grave handicap perché in un grande mercato unificato come è l’Unione Europea le amministrazioni statali entrano in concorrenza tra di loro. Quindi a parità di altri elementi le imprese si spostano nei Paesi con un’amministrazione più efficiente.

Nel 1945-47 il Partito Comunista Italiano aveva preteso la demolizione della scuola professionale, che il fascismo aveva avviato, giudicando che fosse un ghetto per i più poveri, salvo poi sostituirla con scuole per lo più di bassa qualità controllate dai sindacati. Soltanto dal 2010 (prima in Lombardia dove la Regione le avviò in precedenza) si sono cominciate a creare delle scuole medie superiori tecniche; e non c’è ancora niente di paragonabile alle Scuole universitarie professionali. Quindi c’è una grande scarsità di giovani preparati per lavorare nelle fabbriche e in genere nelle imprese del giorno d’oggi. Nel 2022-2023 gli iscritti alle scuole medie tecniche superiori (Istituti tecnici superiori, Its) erano soltanto 16.000. Occorre che al più presto gli Its si moltiplichino e si sviluppino.

www.robironza.wordpress.com

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