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Opinioni

QUALE CLASSE DIRIGENTE CRISTIANA

ROBI RONZA - 29/06/2012

Dalle colonne del Corriere della Sera il filosofo cattolico liberale Dario Antiseri ha lanciato l’idea che i cattolici italiani escano allo scoperto e si uniscano in un nuovo partito fondato sulla base delle idee e del programma politico di Luigi Sturzo. Ripartano insomma dal progetto di quel Partito Popolare che il fascismo soffocò insieme a tutte le altre forze democratiche rappresentate nel Parlamento di Roma nei primi anni ’20 del secolo scorso; e che, caduto il fascismo, Alcide De Gasperi impedì che rinascesse dando vita al suo posto alla Democrazia Cristiana (molto più confessionale nella forma e nei nessi con il “mondo cattolico”, ma nel medesimo tempo molto più disponibile nella sostanza a compromessi di basso livello e di corte prospettive).

Si parla già di una “Todi 2” in programma per il prossimo autunno con riferimento all’assemblea di organizzazioni cattoliche che nell’autunno 2011 ebbe luogo a Todi (Umbria) per iniziativa indiretta della Conferenza Episcopale Italiana e sotto l’ègida di Lorenzo Ornaghi, allora rettore dell’Università Cattolica di Milano e attualmente ministro per i Beni Culturali del governo Monti. In quella sede, per la prima volta dopo la fine della Prima Repubblica, si era cominciato a ventilare cautamente l’idea di una nuova presenza organizzata dei cattolici sulla scena della vita pubblica italiana. Poi, alla fine dello scorso maggio, nella prolusione tenuta in apertura dell’assemblea dei vescovi italiani, il loro presidente, cardinale Bagnasco, aveva parlato delle “provvidenziali iniziative che i cattolici stanno mettendo in campo per il bene del paese”, iniziative “che noi incoraggiamo”.

Senza dubbio ci sono questioni politiche che implicano principi non negoziabili per i cattolici: il vescovo di Trieste, mons. Giampaolo Crepaldi, li ha di recente enumerati. Si tratta della difesa della vita, della protezione e valorizzazione della famiglia, della libertà delle famiglie di educare i figli, del diritto alla libertà religiosa, del lavoro, della lotta alla povertà, dell’immigrazione e dell’ambiente. Si tratta poi di vedere se un partito ufficiosamente cattolico sia lo strumento più efficace per promuoverli. Al riguardo il precedente storico della Democrazia Cristiana non è confortante. Al tempo in cui la DC era partito di maggioranza relativa venne legalizzato l’aborto, e la relativa legge fu firmata senza batter ciglio da un presidente della Repubblica, da un presidente del Consiglio e da un ministro della Sanità tutti e tre democristiani; venne sviluppata una legislazione che penalizza duramente la famiglia sul piano fiscale e non solo (tra l’altro vennero progressivamente eliminati gli assegni familiari); in cambio di avere sempre un ministro della Pubblica Istruzione democristiano si rinunciò ad aprire la vertenza sulla libertà d’educazione; si scelse infine lo statalismo come via maestra per lo sviluppo del sistema di sicurezza e di assistenza sociale; ecc., ecc. Quando si trattava insomma di quelli che oggi si chiamano “principi non negoziabili” per la Democrazia Cristiana qualsiasi piatto di lenticchie valeva qualsiasi primogenitura.

Nella Seconda Repubblica quando si è mobilitata contro norme contrarie a tali principi la diaspora cattolica nei maggiori partiti ha ottenuto invece risultati significativi. Siccome nel concreto in Italia la DC è un relitto semi-sommerso e non qualcosa di ormai disceso negli abissi della storia, quello che si rischia di far tornare a galla non è affatto il Partito Popolare di Luigi Sturzo bensì appunto quel relitto. Se qualcuno ne ha nostalgia faccia un passo avanti.

È vero però che in tutti i nuovi partiti della Seconda Repubblica nei quali i cattolici sono o erano in numero rilevante, alla loro consistenza nella base elettorale non ha mai corrisposto un proporzionale peso al vertice dell’organizzazione e in ruoli istituzionali di rilievo. Allora forse prima di scegliere pro o contro il nuovo partito cattolico sarebbe il caso di domandarsi che cosa si può fare, e in fretta, per far crescere una classe dirigente laica cristiana capace di rispondere alle sfide del nostro tempo in modo efficace, finalmente consapevole della radicale originalità della propria visione del mondo e finalmente capace di proporre e di sostenere scelte politiche di validità generale non subalterne all’ordine costituito di un Paese che continua ad essere nelle mani degli eredi di coloro che nel secolo XIX se lo inventarono, lo realizzarono e da allora nella sostanza se lo sono sempre tenuti ben stretto; dal Regno alla Repubblica e dal fascismo alla democrazia. Quella vera “razza padrona” dell’Italia che, uscendo significativamente dall’abile riserbo che è nella sua tradizione, con la festa del quotidiano La Repubblica non ha esitato pochi giorni or sono ad autocelebrarsi rumorosamente a Bologna.

www.robironza.wordpress.com

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