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Attualità

LA PEGGIOR POLITICA PER LA PIÙ GRAVE CRISI ECONOMICA

GIANFRANCO FABI - 27/07/2012

“Agosto, diceva Beniamino Franklin, è un mese particolarmente difficile per i mercati finanziari. Gli altri sono gennaio, febbraio, marzo e così fino a dicembre”. In questo 2012 la previsione di Franklin calza a pennello: agosto sarà un mese complicato, ma così come lo sono stati quelli che lo hanno preceduto e, ahimè, quelli che lo seguiranno.

E in effetti soprattutto per l’Europa, la situazione economica e finanziaria appare quanto mai complessa e difficile con l’Italia in condizioni tutte particolari di fragilità. Sono venuti al pettine infatti, quasi all’improvviso, i nodi accumulati in anni in cui aveva dominato l’illusione del debito facile, delle spese fatte con i soldi presi a prestito. Tutti i paesi, Germania compresa, hanno fatto crescere la spesa pubblica sia negli anni in cui la crescita appariva solida e stabile, sia nei momenti in cui si è cercato di contrastare gli effetti della crisi.

Il dato di fondo della crisi attuale è l’eccesso di debito accumulato dagli Stati. Il debito in sé, come insegna ogni buon padre di famiglia, non è negativo se permette di anticipare il possesso di un bene (l’esempio classico è la casa in cui si abita), ma se nello stesso tempo è sostenibile, cioè se il pagamento degli interessi e la restituzione graduale del capitale, costituiscono solo una parte del reddito disponibile.

Il debito diventa un elemento negativo quando viene utilizzato per pagare le spese correnti, cioè non va ad aumentare il patrimonio di chi lo contrae, e quando per pagare gli interessi si arriva a chiedere altri soldi a prestito. È quello che è avvenuto negli ultimi decenni, dagli anni ’80 in poi, in Italia: il debito è sempre aumentato (tranne una breve parentesi con le privatizzazioni all’inizio degli anni ’90) ed anzi dopo l’introduzione dell’euro tutti i Governi hanno colpevolmente sfruttato i bassi tassi di interesse della moneta unica per aumentare spesa e debiti violando gli stessi accordi che hanno permesso la realizzazione dell’unità monetaria.

Non solo non c’è stata alcuna manovra strutturale per ridurre i debiti, ma addirittura vi sono state occasioni (ricordate il Governo Prodi?) in cui una riduzione del deficit superiore alle previsioni fece parlare di un “tesoretto” che dava la possibilità di decidere ulteriori spese. Si annunciava un “tesoretto” nel momento in cui il debito era già ben oltre il 100% del PIL! Per non parlare delle finte manovre del Governo Berlusconi, quelle in cui in piena tempesta finanziaria nell’agosto dell’anno scorso ci si vantava di una riforma delle pensioni con un aumento dell’età pensionabile al… 2026.

Questo per dire che la crisi attuale non nasce da un complotto delle potenti lobby finanziarie, dagli interessi delle agenzie di rating, dalla volontà di dominio imperialistico delle multinazionali. La crisi attuale nasce dagli squilibri finanziari interni dei singoli Paesi e dall’incapacità delle classi politiche che li hanno governati. Su questa fragilità si è poi ovviamente innestata la speculazione, ma solo perché ha trovato terreno fertile e facili spazi di manovra.

Si è molto parlato, e si continua a parlare, dello spread tra gli interessi dei titoli di Stato italiani e quelli tedeschi, spread che è tornato a metà luglio vicino ai livelli di pericolo che avevano portato alla formazione del governo di emergenza guidato da Mario Monti. Ebbene lo spread che è maggiormente all’attenzione è quello tra i titoli decennali emessi dai due paesi. Un titolo decennale è quello che, come dice il nome, viene rimborsato dieci anni dopo l’emissione: quindi il tasso di interesse è tanto più alto quanto maggiore è il rischio nell’arco dei dieci anni di validità.

Ebbene chi compra o possiede un titolo di Stato italiano a dieci anni (anche se emesso qualche anno fa e che quindi scadrà e dovrà essere rimborsato tra quattro o cinque anni) può essere tranquillo che i Governi futuri metteranno in atto tutte le misure necessarie per garantire a medio-lungo termine i propri creditori? La risposta è quanto meno problematica. Nessuno è in grado di prevedere che cosa accadrà dopo le elezioni della primavera del 2013, ma ci sono tutte le premesse perché ci si ritrovi in una situazione quanto meno complicata se si guarda alle strategie che i partiti stanno preparando.

E infatti i grandi partiti sembrano escludere l’unica cosa che servirebbe davvero ad uscire dalla crisi: un patto chiaro e convinto di sostegno a un progetto di risanamento economico, un progetto che richiederebbe una solidale ed aperta collaborazione. Un patto che è l’esatto contrario dell’esaltazione del bipolarismo da parte della sinistra e del ritorno di Berlusconi dalla parte opposta. Il bene comune resta una prospettiva ancora lontana.

I mercati finanziari, che poi sono composti da milioni di risparmiatori, hanno bisogno di garanzie a lungo termine. Invece abbiamo una politica che non riesce nemmeno a riformare la legge elettorale peggiore del mondo e che ha avuto bisogno di un governo di tecnici per evitare una crisi che avrebbe travolto tutta Europa. Una politica che dimostra molto bene la capacità di vincere in quel gioco perverso che è costituito dal farsi del male da soli.

Con un’unica certezza: agosto passerà e ci ritroveremo a settembre con problemi maggiori di prima. Buona estate

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