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Editoriale

RECUPERIAMO LA CREDIBILITÀ

LILIANO FRATTINI - 11/11/2011

È un momento di riflessione per tutto il Paese, trovandoci coinvolti in una grave crisi economica, finanziaria e politica  che inevitabilmente comporta anche riscontri negativi nel contesto sociale e culturale. C’è una larga parte della nazione che è indotta per una deficitaria acculturazione a bypassare, come accade sempre più spesso, i gravi eventi di questi giorni stordendosi con la banalità delle chiacchiere da mercatino dell’usato o intossicandosi, oltre misura, con i programmi televisivi d’evasione, drogati, che offrono solo scampoletti di stracci.

Come reagiscono i più alla decisione di Berlusconi di dimettersi e al commissariamento dell’Italia da parte del Fondo Monetario Internazionale e della Commissione Europea, una tutela che potrebbe offendere il prestigio del nostro Paese maturato attraverso enormi sacrifici di decenni e decenni da parte delle maestranze, delle imprese, del mondo accademico e scientifico, di quello dello spettacolo, del terziario, degli artigiani, dei commercianti, dei liberi professionisti?

Come reagiremo alla crisi politica che dilania il Paese?

Chiedetelo in giro, sul bus, sul treno, al bar, sui luoghi di lavoro, nelle scuole, nelle università, nei supermercati. Stupefacenti le  risposte che sentirete mutuate dal dimissionario Berlusconi che a Cannes ha negato qualsiasi crisi in Italia aggiungendo, clamorosamente, che “i ristoranti sono pieni, non si trovano posti sugli aerei, le località turistiche sono affollatissime di italiani, la gente non potrebbe stare meglio!”.

Il magnate Berlusconi, che sta vivendo ore spasmodiche dopo diciassette anni di prepotenza politica ma dagli effetti scarsi,  non farà mai  i conti con la realtà quotidiana di milioni di suoi connazionali che non possono avvalersi di stipendi o salari in grado di coprire la loro sussistenza per arrivare a fine mese. Non parliamo dei precari, degli operai nelle fabbriche, degli impiegati nel settore pubblico, degli insegnanti, di chi porta avanti una attività artigianale, di laureati con masters  che si adattano a racimolare trecento-quattrocento euro mensili per contrattini  che durano due-tre mesi. “Consumate! – aveva strombazzato il Presidente del Consiglio – spendete se volete che la nostra economia migliori”. Adesso siamo alle soglie della catastrofe. Solo un governo di coalizione potrà impedire al Paese di crollare e preparare nuove elezioni.  Confrontiamoci l’uno con l’altro/a, misuriamo le nostre conoscenze, stimoliamo ripensamenti, approfondimenti. Torniamo alle “vecchie” abitudini dei cittadini che all’angolo delle piazze si incontravano per discutere delle cose del giorno, del costo del pane, delle fatiche per mantenere i figli agli studi.

Riapriamo le sezioni dei partiti, scrolliamoci di dosso la pigrizia intellettiva che fa subito terra bruciata all’idea di impegnarsi in qualcosa che – sicuro! – “non ne vale più la pena”. Sollecitiamo i democratici cattolici a rinnovare il loro prezioso e indispensabile impegno nella politica, lasciando da parte ogni schematismo ideologico e conservatore da qualunque parte venga. Risvegliamo la sinistra dalla sua pigrizia progettuale.

L’Italia deve prima recuperare credibilità in Europa e nel mondo per potersi poi rilanciare nel consolidamento dei bilanci pubblici, nel potenziamento delle risorse, nell’abbattimento del debito, nel ribaltamento di una casta che ha screditato le istituzioni, nella sconfitta della corruzione, del clientelismo, della prevaricazione, della amoralità.

E poi diciamo basta alla volgarità e alla rozzezza di politici che abitano le nostre contrade, al battutismo da trivio, alla mancanza di una elaborazione sociale e culturale che vada al di là delle sagre e delle ampolle. Riprenda la Lega la sua originaria vocazione.

Non sarebbe difficile riassumere la serie di cose non fatte dal Governo Berlusconi, ripetute e rilanciate ogni giorno dai quotidiani (leggiamo e acquistiamo i giornali, il giornale!) e da qualche  telegiornale e rubriche televisive. Meno “grande fratello” (meno= valore zero) e più occasioni per concorrere a cambiare quello che costituisce l’architrave di una società moderna, democratica, libera: l’impegno civile che  vive di individualità (non di individualismo) ma soprattutto di associazionismo, di militanza, di volontariato, di disponibilità, di solidarietà, di rispetto.

L’Italia è finanziariamente commissariata ma moralmente libera di far sentire le voci dei giovani, degli anziani, delle donne, degli intellettuali, dei disoccupati, dei credenti e degli atei per rigenerare un costume di onestà e rettitudine, valori oscurati dalla pratica del malcostume e dall’indolenza culturale, esistenziale.

Crediamoci all’ “Italia (che) si desta” dal torpore in cui l’ha condotta una inane direzione politica. Il Capo dello Stato ci ripete instancabilmente  che ce la faremo.  

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