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Opinioni

DIAMO LA PAROLA ALLA GENTE

LUISA OPRANDI - 21/09/2012

La caserma Garibaldi nel suo attuale squallore

La più recente occasione per tornare a riflettere sulla bellezza di una città amministrata con la diretta partecipazione dei cittadini è stato uno scambio spontaneo di opinioni, sulle diverse testate locali, circa il destino della ex caserma e dell’intero comparto di piazza Repubblica, definita ormai, secondo un luogo comune e diffuso, la “non piazza” di Varese. L’edificio fatiscente è stato acquistato dal Comune cinque anni fa al costo di circa due milioni e mezzo di euro e, lasciato allo stato brado in cui ancora giace, rappresenta un brutto biglietto da visita per chi arriva in città dalla Milano Laghi che sbuca direttamente in centro (già di per sé caso quasi unico in Italia). Oltre a ciò quella costruzione graffiata dal tempo è un’opera incompiuta, in perenne attesa di diventare “qualcosa d’altro” ma sostanzialmente immodificata, collocandosi così a metà tra la beckettiana attesa di Godot e il “cambiare tutto perché nulla cambi” di gattopardiana memoria.

Viene quasi da pensare che entrambe le reminiscenze letterarie possano essere adeguate ad esprimere la ridondante attesa che viene creata ad ogni elezione amministrativa circa la risoluzione del problema e il niente che, per ragioni pratiche, operative, economiche, segue successivamente. Fatto sta che la vecchia caserma resiste stancamente con le sue “quattr’ossa” alle intemperie di ogni stagione politica senza mai vagamente assomigliare a nessuna delle proposte avanzate negli anni: teatro, casa della cultura, centro di aggregazione, spazio dedicato all’università e ai giovani, ma anche luogo per gli artisti e le associazioni culturali. Dinanzi a tale silenzio, indipendentemente dal fatto che possano risultare interessanti ed innovative o scontate e ripetitive, ecco alcune idee che arrivano direttamente dai cittadini, i quali provano a suggerire cosa potrebbe diventare quell’angolo di città.

Certo, ogni proposta deve fare i conti con i bilanci comunali sempre più magri e un futuro che, a tale proposito, si delinea ancora più sofferente sul piano economico e finanziario. Però quei due milioni e mezzo che “i cittadini di Varese” hanno investito nella caserma, non possono essere lasciati lì ad aspettare che soffi un vento migliore. Ma soprattutto è interessante lo stimolo positivo che emerge e che potrebbe davvero arricchire le relazioni tra i cittadini e la politica, tra la vita quotidiana e i progetti amministrativi ad ampio respiro. È bello e non un segno di ribellione o, ancor peggio, qualcosa da temere il fatto che alcune scelte di governo della città possano partire dai cittadini. Sono da sempre una ferma sostenitrice della bella politica, che non si chiude nelle stanze di Palazzo o nelle diverse sedi di partito. Ce lo insegnano le più antiche democrazie del mondo: ad Atene si radunavano a discutere nell’agorà e a Sparta addirittura in un grande prato sulla riva del fiume.

E cosa ci sarebbe di più vitale di una città attuale, il più possibile vissuta e costruita in mezzo alla gente, nei rioni e quartieri, attraverso i canali della cultura, dell’associazionismo, del volontariato, dell’istruzione e soprattutto della partecipazione democratica? L’applicazione del bilancio sociale (realizzabilissimo dal punto di vista amministrativo) anche a Varese consentirebbe di governare sentendo la gente, mettendone a confronto le idee, valutando la fattibilità economica dei progetti e stabilendo, con il concorso diretto della cittadinanza, come spendere il denaro pubblico relativamente a determinate scelte, con attenzione alle loro successive ricadute sulla cittadinanza.

Non stiamo parlando del “paese dei balocchi”: diversi comuni italiani già operano in questo modo.

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