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Lettera da Roma

PELLEGRINAGGIO AL DIVINO AMORE

PAOLO CREMONESI - 21/09/2012

L’interno del Santuario del Divino Amore

Sono stato al Divino Amore. È un pellegrinaggio caro ai romani, da mezzanotte alle cinque del mattino, che si svolge ogni fine settimana, da Maggio a Ottobre. Al Km. 12 della Via Ardeatina, il Santuario, centro di culto popolare sia per gli abitanti della capitale, sia per folte schiere di credenti di altre località, è collegato ad una antica storia. Sin dal XIII secolo, in quel posto, esisteva una fortezza nobiliare. Sulla torre l’immagine della Vergine in trono con in braccio il Bambino e la colomba dello Spirito Santo. Nel 1740, un viandante che si stava recando a Roma, si trovò circondato da una muta di cani randagi, col serio rischio di finire sbranato, alzò gli occhi verso l’immagine e chiese aiuto alla Vergine: i cani, improvvisamente, si dispersero. Il popolo gridò al miracolo. Lì fu eretta la chiesa.

Il tragitto è lungo una quindicina di chilometri. L’appuntamento è pochi minuti prima della mezzanotte davanti al palazzo della FAO. Lì in sordina, convengono pellegrini di tutte le razze, giovani, papà, anziani, donne soprattutto, qualche suora, uno o due sacerdoti per le confessioni lungo il percorso, molti extracomunitari e dei paesi dell’Est. L’insieme è talmente curioso che Federico Fellini ne inserì una sequenza in “Le notti di Cabiria”.

Raggruppata una piccola folla di circa duecento partecipanti, si parte mentre in prossimità del Circo Massimo è in corso un concerto dei Modena City Ramblers alla festa di un partito. Il contrasto tra le decine di lumini e le luci megagalattiche del palco è stridente. In testa alla processione la croce prima di semplice legno e ora di vetro, luminosa ad intermittenza, è portata a turno da partecipanti. Si odono i rumori dei passi, lo stropiccio delle scarpe; davanti a me due donne compiono il percorso a piedi nudi, la pelle a diretto contatto col selciato o l’asfalto.

Un altoparlante diffonde le decine dei rosari. Alcune vengono recitate in idiomi diversi dall’ italiano: croato, aramaico, eritreo, ucraino, spagnolo, portoghese, rumeno. Anche i canti ci accompagneranno per tutta la notte. Il più noto è una sorta di litania popolare “Viva viva sempre viva la Madonna del Divino Amore, ti fa grazia a tutte l’ore, noi l’andiamo a visitar”.

La prima tappa coincide con un luogo significativo: le Fosse Ardeatine. Attimi di raccoglimento per tutti, anche per coloro, la larga prevalenza dei partecipanti, i quali non hanno vissuto i tragici eventi storici che il posto ricorda. Quindi, la strada riprende lungo un pezzo della consolare probabilmente percorsa anche da San Pietro e San Paolo. Il silenzio, la preghiera, la luce della luna fanno andare la mente a secoli indietro. Si passa davanti a una clinica: alcuni malati e infermieri sono sul balcone ad aspettare. Una scena che si ripete tutti i sabati. Insieme si prega per chi soffre.

Il traguardo intermedio successivo, alla estrema periferia della metropoli, è in una località conosciuta come l’Antico Dazio, dove si arriva intorno alle 2.30. Dopo una sosta di mezz’ora si riparte. La calda notte romana va incedendo sempre più profonda, anche se, man mano, la temperatura regredisce di qualche grado. Le molte auto dei giovani del sabato sera si diradano per lasciare posto alla quiete. Ecco il sottopasso del Grande Raccordo Anulare; attraversandolo, si prova una sensazione davvero strana nel riconoscersi parte di un corteo di pellegrini, mentre sulla propria testa sfrecciano moltitudini di macchine e frettolosa umanità.

Mancano ormai solo pochi chilometri al colle su cui si erge il santuario, la strada ora è in aperta campagna e incede in leggera salita: dal 1999, il Santuario consiste in una nuova, moderna e grande Chiesa, consacrata da Giovanni Paolo II. Dopo l’ ultima sosta, mentre va distinguendosi il crepuscolo di un nuovo giorno, fa capolino un senso di spossatezza, che però scompare all’ arrivo con l’ effige della Madonna troneggiante dalla sommità dell’altare.

Ogni pellegrinaggio è sempre un piccolo paradigma della vita. Oggi come in passato, lo scopo è stato domandare le grazie di Maria, presentare ai piedi di Lei tutte le proprie miserie, almeno per un momento, con animo trasparente e sincero, pregare anche con il corpo per il Papa e la Chiesa, portare le persone che si sono raccomandate nelle intenzioni. Questa volta c’era il pensiero di Marta, la prima nipotina, a impetrare la Madre Santissima del Divino Amore di vigilare sui suoi giorni, sulla sua crescita, sul suo futuro.

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