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Cultura

L’INCONTRO CON LA TERRA SANTA

GIAMPAOLO COTTINI - 11/11/2011

Il fascino di un pellegrinaggio in Terra Santa non è paragonabile a quello suscitato da un qualsiasi viaggio alla ricerca di vestigia del passato o di siti archeologici pur suggestivi. Andare sui luoghi della vita di Gesù è un avvenimento unico che coinvolge tutto l’io, facendolo incontrare con il cuore stesso del Cristianesimo che in nessun modo è legato al mito o a simboli astratti, ma si definisce solo come l’accadere di un Fatto, radicato in un tempo ed in luoghi precisi legati ad una storia ben identificabile. Per questo ogni volta che ci si reca nei luoghi santi si fa l’esperienza dell’inizio di quella storia da cui è scaturita la fede e si può toccare con mano e vedere con gli occhi cosa vuol dire Incarnazione.

Ho avuto recentemente la grazia di partecipare con un gruppo di amici ad un pellegrinaggio guidato con sapiente sensibilità spirituale e grande competenza biblica da Padre Tarcisio Colombotti dei Frati Minori della Brunella, che ha fatto ripercorrere le tappe dell’itinerario della vita di Gesù permettendo anche l’incontro con la piccola comunità dei coraggiosi cristiani che mantengono viva la testimonianza della Chiesa nelle regioni in cui essa è nata dalla Resurrezione e dalla Pentecoste; ed è riaccaduto il miracolo della certezza che Cristo si è reso visibile dentro una realtà umana ben riconoscibile.

Partendo dalla grotta dell’Annunciazione a Nazareth, in cui il mistero di Cristo inizia nel silenzio del grembo di Maria, siamo stati condotti nella lussureggiante natura dei luoghi della Galilea, dalla bellezza del monte della Trasfigurazione alla pace del monte delle Beatitudini, dalla casa di Pietro a Cafarnao sino alle rive del Lago di Tiberiade, immedesimandoci quasi nei ritmi e nei modi con cui Gesù trascorreva le sue giornate e riuscendo a “visualizzare” in maniera più realistica le parole contenute nei Vangeli ascoltate o lette tante volte. Da qui ci si è mossi per fare l’esperienza del deserto, necessaria per “salire” a Gerusalemme, un deserto di roccia, arido e senz’acqua, che sembra prefigurare solamente solitudine ed abbandono se non ci fosse la promessa di Dio che oltre ad esso si vedrà la Città Santa. Quale evocazione del Mistero ha suscitato perciò la celebrazione della Messa nel silenzio eloquente del deserto di Giuda! E quale suggestione all’arrivo a Gerusalemme, città destinata ad essere il crocevia delle tre grandi religioni monoteistiche! Il Santo Sepolcro si è presentato come la meta cui tende la vita, perché quella lastra di una tomba vuota è il segno del destino di Resurrezione per cui tutti siamo fatti. Ed è spontaneo pensare che nella Gerusalemme terrestre, oggi luogo della contraddizione e dei conflitti tra i popoli e le fedi, sia impresso il sigillo della Città Celeste in cui Dio “tergerà ogni lacrima e farà nuove tutte le cose” come dice la promessa dell’Apocalisse.

Ma il pellegrinaggio non poteva dimenticare Betlemme, quasi a ricordare che dobbiamo tornare tutti come bambini per testimoniare l’inizio, raccontando al ritorno quello che abbiamo visto ed udito, toccato e sperimentato, con tutti i sensi del corpo e le risorse della nostra umanità cambiata dalla presenza di Gesù nella Parola e nell’Eucaristia quotidiana, rese più coinvolgenti dall’essere in quei luoghi. E proprio da Betlemme riparte un altro pellegrinaggio, quello della vita di ognuno chiamato a ritornare nel proprio ambiente per comunicare ciò che ha visto, avendo consegnato a Dio anche le preghiere di quanti sono rimasti a casa. E come per gli antichi pellegrini, rimane il compito di raccontare e di non dimenticare la bellezza incontrata, perché davvero Dio in quei luoghi, così drammaticamente martoriati dai conflitti di oggi, si è reso visibile!

Nella foto: la Messa nel deserto di Giuda, prima di salire a Gerusalemme

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