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Cultura

CERCASI RITRATTO DEL BARONE BAROFFIO

SERGIO REDAELLI - 03/11/2012

Il cardinal Schuster in visita al museo Baroffio nel 1936

Il volto del barone Baroffio? Al momento è sconosciuto. Un mistero. Si sta cercando un ritratto fotografico, a disegno o dipinto, purché si tratti proprio di lui, del benemerito amministratore e grand’ufficiale dell’ordine della Corona d’Italia, per oltre quarant’anni sindaco di Lissago, il quale, morendo il 2 settembre 1929, lasciò tutto il patrimonio al santuario di Santa Maria del Monte per costruire un museo, inaugurato nel 1936 e riaperto nel 2002 dopo una serie di restauri.

Il barone Giuseppe Baroffio Dall’Aglio abitava ad Azzate a Villa Cornelia e di lui non sono note fotografie – allarga le braccia Laura Marazzi, conservatrice dell’omonimo museo –. Potrebbe essere un bel regalo scoprire le sembianze del nostro benefattore proprio nel decennale del museo che ricorre quest’anno e che fu restaurato per volontà di monsignor Pasquale Macchi”.

Ma come rintracciare il ritratto? La conservatrice ha un’idea: “Potrebbe saltar fuori da un ritrovamento fortuito. Faccio due esempi. Nel settembre del 1936 furono scattate alcune foto in occasione della visita del cardinale Ildefonso Schuster e dei notabili del tempo, intervenuti all’inaugurazione del neonato museo Baroffio. Oggi quelle foto ci consentono di sbirciare l’interno dell’allestimento voluto da Lodovico Pogliaghi (l’inaugurazione fu il primo atto del solenne congresso eucaristico diocesano che quell’anno si svolse a Varese). Altro caso fortuito: di recente una signora si è presentata per mostrarmi delle foto che la ritraevano bambina al museo. Così il tenero desiderio di un papà di immortalare la figlioletta vestita a festa in un luogo bello ci ha permesso di vedere immagini molto rare del nostro ente”.

Laura Marazzi racconterà l’intera vicenda delle foto della bambina e del cardinale Schuster nel prossimo numero della rivista Il Nostro Sacro Monte, edita dagli Amici del Sacro Monte. Le immagini testimoniano come l’eterogeneità dei fini spesso aiuti a ricostruire tasselli importanti di storia. Intanto – sembra dire la conservatrice – chi avesse in casa o sapesse dell’esistenza di fotografie del compianto barone o di qualche inaugurazione o evento che potrebbe averlo visto protagonista, si metta in contatto con lei. I festeggiamenti per il decennale del museo Baroffio si sono iniziati lo scorso Natale con l’apertura gratuita, offerta dalla Fondazione Paolo VI per il Sacro Monte di Varese. Poco meno di duemila persone salirono in cima al monte nel periodo natalizio per visitare il museo; altre tremila lo hanno fatto nel corso dell’anno e la stagione non è ancora finita. Il 4 novembre è l’ultimo giorno dell’apertura stagionale. Poi l’ente aprirà solo su prenotazione fino all’8 dicembre, quando affronterà una nuova apertura natalizia.

Il bilancio di quest’anno è positivo malgrado la crisi – spiega la Marazzi –. Per il momento più di settecento bambini hanno partecipato alle attività sull’iconografia dei santi, sui ritratti, sulle ricette dell’arte o hanno seguito il percorso suggerito dalla guida cartacea stampata per loro. Il dato è significativo per un museo che si trova in cima a un monte e non nel centro di una città, facilmente accessibile. Sono state offerte diciotto visite a tema (dalle ombre dipinte alle ricette dell’arte, dalle Vergini Assunte alle immagini mariane nella sezione del Novecento), senza contare quelle prenotate ad hoc pescando nel catalogo dei percorsi a tema. Abbiamo ottenuto l’attenzione dalla stampa (dal TG3 regionale al New York Times), abbiamo partecipato al progetto della Mappa delle Famiglie tra i musei di Milano e della diocesi promosso per l’Incontro Mondiale delle Famiglie e abbiamo avuto la conferma che il museo è una realtà culturale amata da molti“.

 “Purtroppo siamo riusciti a proporre un’unica conferenza e non abbiamo ancora potuto realizzare il progetto della guida cartacea del museo. Ma, nell’attesa, continuiamo a lavorare e a studiare. Abbiamo probabilmente identificato il Ludovicus da Zobiano (cioè di Giubiano) il cui nome compare, insieme a un curioso stemma e alla data 1387, su una lastra scolpita nel museo. Si tratterebbe di un notaio del Giudice delle Vettovaglie di Milano. In un articolo del 1936 si dice che la lastra proveniva da Villa Baroffio ed era sistemata in una delle sale insieme alla collezione del barone. Giuseppe Baroffio acquisì nel 1898 il titolo nobiliare (il padre era “solo” cavaliere dell’Impero Austriaco e ottenne di aggiungere al proprio il casato dell’estinta famiglia Dall’Aglio). Nel 1932, in seguito alla scomparsa della consorte e al cessato usufrutto dei beni allora stimati intorno ai due milioni e mezzo di lire, si poterono attuare le disposizioni testamentarie con l’avvio dei lavori per la costruzione, vicino alla chiesa, del museo a lui intitolato”.

Il museo fu inaugurato nel 1936. “Negli articoli che apparvero all’epoca sulla stampa locale – spiega ancora la conservatrice – si diceva che la raccolta donata era frutto dell’interesse collezionistico di ben tre generazioni, coronato dalla decisione lungimirante di vincolare parte del denaro lasciato e delle rendite future alla realizzazione del museo, parte a restauri necessari in santuario e parte all’acquisto di nuovi oggetti d’arte per rendere il museo sempre più ricco e interessante. Fides vim auget (La fede accresce la forza), diceva il motto che accompagnava lo stemma del barone. Per questo non gli sarà dispiaciuta l’idea di collocare nel suo museo, degnamente esposto, anche il patrimonio storico-artistico del prediletto santuario di Santa Maria del Monte”.

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