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Lettera da Roma

AI TEMPI DEL SINODO

PAOLO CREMONESI - 03/11/2012

Il Sinodo dei vescovi sulla nuova evangelizzazione si è ormai concluso e i duecentosessantadue padri, tra vescovi e osservatori, sono tornati alle rispettive diocesi di appartenenza.

Rimarranno negli occhi alcuni momenti commoventi: la fiaccolata in Piazza San Pietro la sera di giovedì 11 ottobre in occasione dei cinquant’anni dal Concilio Vaticano II, la solenne celebrazione inaugurale, l’immagine del Papa che prende appunti nella grande sala sinodale come un qualunque professore.

In queste settimane alla mattina in Basilica per la messa delle sette si poteva assistere al particolare spettacolo di decine e decine di tonache rosse, affiancate ciascuna da due chierichetti alla ricerca negli enormi spazi di un altare su cui celebrare. Ti poteva capitare di partecipare al sacrificio eucaristico con un cardinale canadese o con un presule africano o asiatico di cui ignoravi il nome. “In questo mese ho capito che cos’e’ la Chiesa universale” ci ha confessato un amico che ha partecipato ai lavori del Sinodo. “Non una costituente – ha specificato Benedetto XVI – ma il pregare insieme per conoscere e seguire quello Dio fa”.

A compiangere la fine del Sinodo sono oggi sicuramente i cittadini di Borgo, il quartiere intorno alla Basilica. Non c’è posto al mondo, se non forse il quartiere di Gerusalemme intorno al Santo Sepolcro, dove la vita quotidiana si incrocia con l’eterno, dove il lavoro di ogni giorno si imbatte con il futuro della Chiesa. L’allora cardinal Ratzinger attraversava il quartiere per raggiungere gli uffici del Santo Uffizio.

In questa cittadella d’altri tempi che ancora ricorda nei palazzi e nelle vie la struttura di una città marinara, essendo l’approdo al Tevere dove ormeggiavano barconi carichi di sabbia a poche decine di metri, vivono poco più di tremila persone. Sono nella maggior parte dei casi romani da diverse generazioni, figli di dipendenti vaticani o di immigrati italiani. Con loro, senza dare troppo nell’occhio ma restaurando splendidamente a suon di euro antichi appartamenti, uomini di cinema, della tv, qualche letterato.

I cardinali passeggiano di fianco al barista (famosa dal 1912 la “Latteria Giuliani”), i vescovi chiacchierano con i ristoratori (Roberto “Al Passetto”, abruzzese della seconda generazione), sacro e profano vanno a braccetto tra negozi di chincaglieria religiosa, vecchie rivendite di abiti usati, nuovi negozi di arredi ‘style’.

Non c’e’ parrocchia sul pianeta, come quella di Santa Maria in Traspontina a metà di via della Conciliazione che possa vantare tra i suoi parrocchiani ventisei cardinali… e un Papa. “Quando sono andato presentarmi a Benedetto XVI due anni fa – racconta Don Mariano – mi ha salutato calorosamente e mi ha detto: ricorda che sei il mio parroco”.

Ogni giorno per le piccole vie del rione si riversano dai dieci ai dodicimila turisti. Scendono da arroganti pullman che vogliono parcheggiare a pochi metri dal sagrato. I gas di scarico ammorbano l’aria in attesa che i pellegrini finiscano la visita in San Pietro mentre i parcheggi costruiti per il Giubileo al Gianicolo restano vuoti. Di recente si sono aggiunti gli open bus. Quattro compagnie diverse ma che partono e arrivano da via della Conciliazione nell’arco di pochi metri e si contendono i turisti insieme agli ambulanti che espongono merce abusiva costringendo a uno slalom tra foulard, statue di legno, borse e ombrelli.

I vigili passeggiano indifferenti. Il risultato è un caos perenne di rara portata. Possibile che nessuno pensi ad armonizzare flussi, vendite, turisti e residenti, clero e impiegati?

È Roma, bellezza!

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