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Attualità

L’ANGELO DI BESOZZO

SERGIO REDAELLI - 08/11/2012

Dice la Bibbia che chi salva una vita salva il mondo intero e la centenaria suor Maria Servetti, religiosa della congregazione delle Suore della Santa Croce che gestisce l’Istituto Rosetum a Besozzo Superiore, ha realizzato quest’impegno a proprio rischio e pericolo. Avvenne durante la seconda guerra mondiale quando suor Maria, che insegnava nell’istituto, si prodigò per ospitare e mettere in salvo, oltre il confine svizzero, decine di perseguitati ebrei; tutti indirizzati a Besozzo, con discrezione, dall’arcivescovo di Milano Ildefonso Schuster. Il suo coraggio, l’altruismo, la solidarietà umana hanno lasciato traccia nella Cronaca che le suore del Rosetum compilano giorno per giorno dal lontano 1923 e sono valse alla comunità l’iscrizione nel Libro dei Giusti. Siamo nel 1943 quando i bombardamenti radono al suolo le fabbriche, i palazzi e i capolavori d’arte di Milano e la sanguinaria persecuzione razziale riempie le tradotte militari di uomini, donne, vecchi e bambini israeliti.

In Germania, Polonia, Austria, Cecoslovacchia e Ungheria le camere a gas funzionano a pieno ritmo e i convogli ferroviari partono spesso dai campi d’internamento italiani. Dopo il proclama di Badoglio dell’8 settembre, a Besozzo, come in tutto il Paese, regna la confusione. Ecco il diario delle suore il 25 settembre 1943: “Per invito di Sua Eminenza il cardinale Schuster, Arcivescovo di Milano, viene da noi monsignor Cavezzali con un biglietto di raccomandazione per il com. Pellini. Questi desidera in caso di pericolo ricoverare presso di noi la moglie e la cognata perché di razza israelitica. Questi poveretti devono nascondersi alle ricerche e alla crudeltà dei loro persecutori. Abbiamo naturalmente acconsentito […] Riceviamo pure richieste di ospitare una fanciulla israelita desiderosa di nascondersi. Non c’è più posto al Rosetum. Si dovettero dare già quasi ottanta rifiuti per educande”.

Il 27 settembre 1943 “il cavalier Lo Monaco viene con la signora e la figlia presentando una lettera di raccomandazione di sua Eccellenza Ettore Castelli, nuovo vescovo coadiutore di Sua Eminenza il cardinale Schuster, una nuova richiesta per la madre e la figlia di razza ebraica. Si cede una camera a due letti al Carmelo. Non si può negare questo atto di carità in questi momenti così difficili”. Il 27 ottobre 1943 “accogliamo nell’Istituto due piccole ebree. Mira e Edith Isac, ora Isa. Le piccole devono mettersi al sicuro dai tedeschi che infieriscono anche qui inesorabili e crudeli”. Il 14/15 novembre, le religiose annotano: “Riceviamo frequenti visite in questi giorni da parte di ebrei che raminghi qua e la cercano un nascondiglio. È una caccia all’uomo… Cercano rifugio da noi anche la madre di due educande Sachsel, la zia e in seguito la nonna, una distinta vecchia signora di settant’anni. Le due prime partono presto perché conosciute a Besozzo e si danno a una vita raminga, oggi qua domani là. La vecchia signora si ferma da noi nell’infermeria”.

Il Rosetum si trasforma in centro di smistamento degli ebrei verso la Svizzera con il beneplacito di Schuster. Madre Servetti si serve di un uomo di Besozzo che porta i fuggiaschi al sicuro spostandosi con le biciclette. Poi un giorno è visto camminare alla periferia del paese conducendo una bici per mano e passa dei guai. Ma le testimonianze dell’abnegazione di suor Maria non si fermano con l’individuazione del “passatore”. La religiosa si fa beffe delle autorità fasciste. Scrive Leonora Sachsel Baglivo di Santo Stefano Ticino il 29 marzo 2004: “Le suore di Besozzo hanno rischiato la vita ospitando me, mia sorella e altre bambine ebree per quasi due anni. Nello stesso istituto si erano sistemate le truppe fasciste e in seguito anche i loro familiari. Questo non ha impedito alle suore di tenerci con il rischio immenso di essere scoperte. Ho saputo che al termine della guerra, subito dopo la liberazione, è stato trovato l’elenco di tutte le suore e di noi bambine… per fortuna non hanno fatto in tempo. La direttrice dell’istituto, madre Servetti, ha aiutato moltissime persone a fuggire in Svizzera”.

La casa madre dell’istituto Rosetum è a Ingenbohl, sul lago di Lucerna nella Svizzera interna. A Besozzo suor Maria Servetti ha trascorso vent’anni – dal 1936 al 1957 – prima come insegnante e poi come prefetto. Lo ha ricordato l’assessore Paola Maria Bordiga, ex alunna, nella festa per i cento anni della benemerita che si è tenuta il 17 febbraio 2012. Nello scorso mese di maggio, i ragazzi delle prime e delle seconde classi della scuola secondaria di primo grado (il Rosetum di Besozzo ha anche il liceo linguistico e la scuola primaria) hanno incontrato la figlia del partigiano Tomaselli che fu deportato a Mauthausen. In quell’occasione, il preside dell’Istituto, Filadelfo Ferri, ha raccontato l’esperienza di suor Maria Servetti che, come si diceva, vive tuttora al Rosetum.

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