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Spettacoli

LA LUNGA STAGIONE DI MOGOLBATTISTI

MANIGLIO BOTTI - 16/11/2012

Mogolbattisti. Con questa dicitura, in una sola parola, si ritrova l’intero mondo della canzone italiana di una quindicina d’anni almeno, dalla seconda metà degli anni Sessanta fino a tutti i Settanta: Mogolbattisti – scrisse Edomondo Berselli in un suo libretto (Canzoni) – una sigla, singolare ibrido riconosciuto dalla “vox populi”. E ancora: “Come molte chimere, conteneva nel proprio corredo genetico i cromosomi dell’autodistruzione; e difatti si è autodistrutto con la stessa facilità con cui si era assemblato…”.

Sulle cause che, a un certo punto della loro carriera insieme – quella del musicista e cantante Lucio Battisti (1943-1998) e del suo paroliere, anzi poeta di parole, Mogol (1936), al secolo Giulio Rapetti –, determinarono il dissidio e poi il distacco, si è sempre detto e scritto molto. Mogol nelle sue memorie ha raccontato che non furono ragioni di denaro, o meglio non solo. Ma tra Mogol e Battisti – anche se dopo la rottura il cantante si sarebbe più volte riproposto al pubblico con opere sue autonome e redatte con altri collaboratori – non ci fu mai il distacco, l’abbandono rancoroso. Se mai si trattò di una pensosa, silenziosa lontananza. E memorabile è il testo che, dopo la morte di Lucio, nel 1999, Mogol scriverà per l’album di Celentano “Io non so parlar d’amore”. Il brano si intitola “L’arcobaleno”, ed è palesemente dedicato a Battisti, che era amico di entrambi, suo e di Celentano. Sulla nascita di “L’arcobaleno” Mogol parlerà quasi come di una sorta di ispirazione paranormale, un testamento dialogato per i vivi: “Io son partito poi così d’improvviso / che non ho avuto il tempo di salutare / istante breve ma ancora più breve / se c’è una luce che trafigge il tuo cuore… “. E infine: “Mi manchi tanto amico caro davvero / e tante cose son rimaste da dire / ascolta sempre e solo musica vera / e cerca sempre se puoi di capire…”.

Per tutti il primo successo ufficiale di Battisti e Mogol è “Balla Linda”. La canzone – siamo nell’estate del 1968 – entrò e rimase per cinque settimane nelle classifiche (massimo posto raggiunto l’undicesimo). Bisogna però risalire di un paio d’anni – al 1966 – per ritrovare i primissimi brani dello storico sodalizio tra i due artisti, come Mogol ha sempre amato definire sé stesso e gli operatori della musica leggera: “Per una lira”, incisa nel 1966 dai Ribelli, “Uno in più”, che cantò Ricky Maiocchi, e “Dolce di giorno”, affidata ai Dik Dik. La svolta fu determinata – nel 1967, l’anno esplosivo del beat italiano – dalla canzone “29 Settembre”, che venne lanciata dall’Equipe 84. Ha detto Mogol: “ ‘29 Settembre’ fu una canzone davvero innovativa sia dal punto di vista musicale sia del testo… Si palpavano le novità nelle nostre canzoni. Fu un grande successo e noi avemmo la sensazione di aver fatto qualcosa di nuovo e importante”. Per cinque settimane,            dal 14 al 28 giugno e dal 26 luglio al 2 agosto del ’67, la canzone fu al primo posto della nostra Hit parade.

Il momento – anzi, la lunga stagione di Mogolbattisti – cominciò subito dopo. Con “Balla Linda”, come detto, nel ‘68. Poi – nel 1969 – con “Acqua azzurra acqua chiara” e con “Mi ritorni in mente”. Nel 1970 con “Fiori rosa fiori di pesco” e “Anna”. Nel ’71 con “Pensieri e parole”, “Dio mio no”, “La canzone del sole” e “Le tre verità. Nel 1972 con “I giardini di marzo. Nel 1973 con “Il mio canto libero” e la collina dei ciliegi”. Nel ’76 con “Ancora tu”. Nel ’77 con “Amarsi un po’”. Nel ’78 con “Una donna per amico”. Nell’80 con “Una giornata uggiosa”. Sempre al primo posto della Hit parade, tranne “Una giornata uggiosa”, che toccò il terzo posto. Ma piace ricordare altre canzoni che l’impareggiabile due sfornava per altri esecutori, tra il gioiello “Vendo casa”, affidato – nel 1971 – ai Dik Dik.

Insomma, Mogol e Battisti improntarono di sé – dal punto di vista della canzonetta – quasi tre lustri della nostra vita (dalla metà dei Sessanta a tutti gli anni Settanta), legando anche i loro motivi alle notizie e alle vicende – non sempre lietissime – che in quell’epoca accadevano. Sono state le canzoni di una generazione, diciamo soprattutto degli allora adolescenti, nati nei primi anni Cinquanta. Anch’essi catalogabili nella schiera dei cosiddetti “baby boomer”, ovvero di coloro che rappresentavano nelle speranze, e nei fatti, il boom economico italiano sviluppatosi nel segno dei Caroselli tv e a bordo delle utilitarie di famiglia che nei mesi estivi si fiondavano sulle autostrade per raggiungere le località balneari della costa adriatica.

Una chimera, un crogiolo di vita, di sogni, di speranze, appunto Non appare certo fuori luogo quanto scrisse ancora Edmondo Berselli nei giorni della scomparsa di Lucio Battisti – aveva solo cinquantacinque anni – nel settembre del ’98: la sera ci si ritrovava sulla spiaggia, accanto al fuoco, qualcuno tirava fuori la chitarra e si attaccava con le canzoni di Battisti.

E pensare che era una generazione di postsessantottini, dei ragazzi che nel ’77 – quasi al culmine degli anni di piombo – erano ventenni o poco più.

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