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Attualità

BRASATO PER IL DUCE E BIRRA PER IL FÜHRER

FRANCO GIANNANTONI - 23/11/2012

Il vento del fascismo soffia ancora insidioso nella società italiana. La malattia, mai storicamente debellata, serpeggia maligna laddove si manifestano con particolare virulenza le scorie di un capitalismo criminale. È sempre stato così. Quando c’è il vuoto politico e culturale, quando cresce il malessere, quando la protesta sociale esplode nelle piazze, queste cavità vengono riempite con la gazzarra nera. Questa esce allo scoperto, vaneggia. L’acqua dove poter nuotare la trova sempre. Gli untorelli nazifascisti si ammantano da pecore, scimmiottando il costume dei competitori, scendono in piazza senza manganelli, fingono di acculturare la gente ma seminano peste. Sono riconoscibili. Solo chi non vuole vedere non li vede. Anche a Varese con l’incredibile tam tam delle gazzette locali.

Hanno in qualche caso anche il colletto bianco coi busti del duce in bella mostra sul tavolo d’ufficio e nei cellulari s’odono ritornelli con le canzoncine dell’epoca. “Giovinezza” è il più gettonato. Fascisti, dunque nemici della democrazia, sono ancora gli evasori fiscali, i ladri di regime, i furbastri di turno, i pedanti frequentatori dei salotti cosiddetti bene dove, fra un the e i pasticcini, si intrecciano le strategie più opportune per scannare il vicino.

La ricorrenza della tragica marcia su Roma che un pavido re trasformò nel dramma ventennale del Paese consegnando a Mussolini e al fascismo il potere, un paio di settimane fa in quel di Cittiglio avrebbe dovuto essere festeggiata in un cenone rigorosamente “nero” con un ottantina di camerati di variabile età e censo (anche dei professionisti delle vicine valli, nel ruolo di mosche nocchiere). Tutto era pronto, compresi brasato e polenta, data la stagione. Che una masnada di nostalgici abbia creduto fattibile il raduno non deve sorprendere vista la coeva carnevalata di Predappio dove giovanotti in divisa della Gnr e dalla Decima Mas e i più anziani col fez e il nipotino in braccio hanno sfilato rigidi davanti all’urna del duce per poi trasferirsi nella chiesa vicina per un rito col religioso di turno.

Ci si chiede sgomenti dove siano mai state le autorità della Repubblica in queste circostanze. L’apologia del fascismo, la legge Scelba, la XII Disposizione transitoria della Carta costituzionale, sono ancora norme vigenti? Perché a Predappio la polizia non ha sferrato ad esempio una delle classiche cariche a cui pare avvezza per disperdere quei gruppi di fanatici? Risposta facile facile: il corteo (apologia incorporata) era autorizzato come il commercio vergognoso di busti, mascelle, copricapi, foulard, bottiglie di rosso con la testa di Lui.

Il cenone di Cittiglio è rientrato solo per la puntuale denuncia al Prefetto del presidente dell’Anpi Angelo Chiesa che a diciassette anni conobbe la violenza di Villa Triste a Varese. Altri per l’occasione non si è mosso.

La crisi come si può vedere non è solo finanziaria e la si può cogliere fra dettagli in apparenza solo marginali nella quotidianità. È culturale, morale, etica, investe i valori civici. Esempi clamorosi, da stendere un bue. Una cinquantina di “personalità” (fra cui lo storico leader della destra locale Luigi Federiconi che non ha più incarichi pubblici, ma anche Bonomi della Sea, uno che viaggia sui settecentomila euro l’anno di stipendio, il senatore forzista Tommasini, la deputata europea Comi, il deputato regionale Adamoli che abita fuori città, portaborse di turno) erano dotati di un “pass” per circolare e posteggiare senza correre il rischio di beccare una multa. Immagine di prepotenza altro che “necessità istituzionali” cancellata, al momento in cui scrivo, dalla restituzione del documento solo da Adamoli e Cattaneo.

Altro esempio. Cittiglio aveva avuto, qualche mese prima, la sua omologa rappresentazione in una birreria di Azzate dove un manipolo di esaltati ha pensato bene (par condicio) di rallegrarsi per il compleanno del Führer, festeggiando il boia nazista a suon di boccali di birra bavarese. Il bello che senza saperlo il gruppo era ripreso nelle sue idiozie da una “cimice” piazzata dalla polizia e il piatto è saltato. Fra i commensali anche un politico, area AN, di Busto Arsizio. Saranno tutti processati. Per rinfrescarsi la memoria i sodali si erano muniti anche di svastiche e cimeli vari cantando a squarciagola sui ritmi delle canzoni di De André in cui l’ebreo naturalmente era l’invitato speciale.

A Roma giorni fa è stato “oscurato” dalla polizia postale un sito denominato “Stormfront” dove altri ceffi, con propaggini a Milano e a Como, pubblicizzavano la caccia al semita e acculturavano all’odio razziale.

E che dire di coloro che, con il denaro della Regione Lazio, hanno pensato bene di erigere un monumento a uno dei peggiori criminali della nostra recente storia, quel Rodolfo Graziani, il macellaio di Addis Abeba, che si divertiva in Etiopia a gettare mortali veleni, compresa l’iprite, per sterminare un popolo libero?

Cascano le braccia soprattutto per la distanza che la collettività mostra di avere in circostanze del genere. Onorare Graziani è intollerabile. Nessuno nella circostanza ha fiatato e pochissime sono state le proteste popolari.

Chi è Graziani ho chiesto, per capire meglio, a uno studentello del liceo locale. “Graziani chi?”, ha risposto inebetito.

Non sa il ragazzo, cuffia musicale alle orecchie, sigaretta fumante, scarpe e borsello “firmati”, niente di Graziani, non sa delle nefande imprese coloniali, non sa, ed è a due passi di distanza da quella villa in via Dante, ora sede commerciale, a cui passa di fianco ogni mattina; è Villa Triste, quella dove Triulzi, il capo dell’Upi-Gnr e i suoi carnefici massacravano e torturavano i partigiani. Che altro poteva rispondere quello studentello se al “Cairoli”, il prestigioso liceo, lo scorso anno l’assessore “alle lapidi” Stefano Clerici, marcato AN, per onorare un altro fascista, il filosofo Giovanni Gentile ucciso dai Gap fiorentini nel ‘44, ha pensato bene, prima di tagliare il nastro sulla pietra di granito nel verde di Città-Studi, di dire due parole, siccome pioveva, nell’aula dedicata al professor Pio Foa, ebreo, assassinato coi propri piccoli figli nell’inferno di Auschwitz? Alle proteste anche allora era seguito un silenzio di tomba, preside e professori, compresi.

La società. Appunto la società. Permeabile. Fragile. Aggredibile dai virus peggiori, forse senza neppure avvertirlo. Virus che non piovono comunque dal cielo. Occorre fare molta attenzione.

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