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Opinioni

PULSIONE E CADUCITÀ

VINCENZO CIARAFFA - 23/11/2012

Il Generale David Petraeus

È indubbio che una personalità debole abbia fatto di padre Adamo anche il primo uomo “importante” (e che importanza!) che non abbia saputo padroneggiare una relazione tra i due sessi, come altri dopo di lui nel corso dei millenni e molti di essi li conosciamo perché ce li ha tramandati la storia o il mito. Alcuni nomi sono diventati sinonimo di passione tormentata come Davide re d’Israele (che era anche un capo militare) che, per possedere Betsabea, mandò il marito a morire in guerra, o di vigliaccheria come Erode Antipa che, per accontentare la figliastra Salomè della quale si era invaghito, fece decapitare Giovanni Battista, il battezzatore di Gesù. Gli esempi che si potrebbero continuare a fare sugli uomini di potere che hanno frammischiato ormoni e neuroni in un micidiale cocktail sarebbero sterminati se, però, avessimo il tempo di analizzare minuziosamente il periodo che va da Adamo all’ingrifato Generale David Petraeus.

La vicenda del biblico iniziatore del genere umano è, ovviamente, molto diversa da quella del Generale americano più discusso in questi giorni e, tuttavia, ambedue riescono a rappresentare l’imprevedibile leggerezza della mente e la nostra caducità di esseri imperfetti e difficilmente perfettibili. Per quanto riguarda la leggerezza in generale l’Italia è ai primi posti nel mondo e, perciò, iniziamo il nostro excursus partendo proprio da un proto-italiano. Tarquinio Sestio, Generale e figlio del re di Roma Tarquinio il Superbo, causò la fine di un regno e di un’era storica per non aver saputo gestire le proprie effervescenze ormonali. Accadde, infatti, che Sestio, preso da violenta passione per Lucrezia, la virtuosa moglie di suo cugino Lucio Tarquinio Collatino, la violentasse e che questa, per l’affronto subito, si suicidasse. L’accadimento commosse e attizzò il popolo romano – che già non sopportava i soprusi dei Tarquini – innescando una rivoluzione che nel 509 a.C. cacciò il re e sostituì la monarchia con la repubblica.

Tarquinio Sestio, per la verità, non fu l’unico Generale dell’antica Roma a provocare rivoluzioni, guerre e tragedie a causa delle sue fregole perché un altro Condottiero romano, Marcantonio, per la stessa ragione e come se fosse a una sua proprietà privata, arrivò a regalare all’amante, la regina d’Egitto Cleopatra, addirittura una provincia dell’Impero innescando una guerra fratricida che terminò con la sconfitta e il suicidio suo e di Cleopatra.

Nel 1366 ad Amedeo VI di Savoia, passato alla storia come il Conte Verde perché adorava quel colore, toccò addirittura il compito di dover gestire il primo scandalo politico internazionale (dopo il rapimento di Elena di Troia s’intende) legato alle intemperanze sessuali di un suo comandante. Accadde, infatti, che durante la tappa a Bisanzio del suo esercito diretto a liberare Gallipoli da turchi, essendo stato sorpreso nel letto di un nobile bizantino con la di lui consorte, uno dei più valenti cavalieri di Amedeo era stato portato davanti all’imperatore latino d’Oriente affinché stabilisse la pena per un accadimento che, all’epoca, non era un reato da poco. Per una di quelle carinerie in uso tra i monarchi del tempo, l’imperatore demandò al Conte Verde il compito di stabilire la pena per il suo intemperante cavaliere, ma il duce savoiardo fece in modo da riuscire a salvare capra e cavoli. Sentenziò, infatti, che al violatore dei talami bizantini fosse tagliata la fluente barba – che allora era un riconosciuto simbolo di virilità – e non, come prevedeva il codice penale bizantino, lo strumento del peccato.

Poco più di un secolo dopo il fattaccio di Bisanzio, un altro savoiardo si sarebbe dimostrato piuttosto liberale con le mogli altrui come il Duca Emanuele Filiberto: buon Generale ma meglio conosciuto come “testa di ferro”, di ferro non doveva avere soltanto la testa perché disseminò il Ducato di una quantità incredibile di figli bastardi. Per i Savoia, però, le avventure galanti dovevano rimanere relegate nelle alcove e giammai sfiorare il trono, anche se Vittorio Emanuele II farà eccezione a questa regola. Molto diverso dai Savoia, invece, fu il re Enrico VIII d’Inghilterra che agli ormoni sacrificò tutto, anche la ragion di Stato e la religione. Infatti, non esitò, a provocare lo scisma dalla Chiesa di Roma per sposare la cortigiana Anna Bolena, di cui si era follemente invaghito. Peraltro, Enrico VIII aveva un modo tutto suo di divorziare dalle mogli: le faceva decapitare quando voleva impalmare un’altra donna, cosa che fece anche con Anna Bolena che era la madre della grande Elisabetta I.

Negli anni a venire i membri della casa reale inglese, seppure non taglieranno più teste, appariranno scialbi e scriteriati se paragonati al sanguigno, ma determinato, Enrico VIII e all’algida, ma saggia, figlia Elisabetta. In fatto di capi militari che trovarono il tempo di sacrificare a Eros oltre che a Marte, neppure i cugini d’oltralpe scherzavano. Il Generale George Boulanger, che ricoprì anche varie cariche politiche nella Francia di fine Ottocento, era un militare ambizioso e con una vita sentimentale piuttosto disordinata il che non giovò alla nitidezza delle sue idee. Infatti, dopo aver tentato un malmesso colpo di stato per abbattere la terza repubblica francese, scappò all’estero come un ladro di polli e, alla fine, si uccise sulla tomba dell’ultima amante morta qualche mese prima. La migliore definizione di Boulanger la diede un altro francese, il caustico George Clemenceau: “E’ morto come un Sottotenente…”.

Robert Georges Nivelle fu un buon Ufficiale di artiglieria e mediocre Generale francese che, per aver ottenuto qualche successo parziale durante l’offensiva tedesca su Verdun nel 1916, fu acclamato come il genio militare che avrebbe sconfitto per sempre i tedeschi. Il guaio fu che Nivelle era chiacchierone, vanesio e donnaiolo, perciò, mentre organizzava il suo piano di battaglia ne parlava a giornalisti, uomini politici e perfino a camerieri e sciantose, sicché anche gli spioni tedeschi poterono conoscerlo. Com’era logico aspettarsi, l’offensiva di Nivelle dell’aprile 1917 si rivelò un fallimento totale dove furono inutilmente bruciate le vite di 350.000 uomini. La notte del 24 ottobre del 1917 sul fronte italiano, gli austro-tedeschi poterono sfilare agevolmente in direzione di Caporetto perché l’artiglieria del XXVII Corpo d’Armata non sparò giacché il suo Comandante, il Generale Pietro Badoglio, aveva ordinato di non aprire il fuoco senza un suo preciso ordine. Si diede il caso che, proprio quella notte, Badoglio era assente dal Comando d’Armata perché si era recato nelle retrovie a fare cosa ancora oggi non si sa, anche se all’epoca si sussurrò che fosse andato a donne, sicché anche una sconfitta apocalittica come quella di Caporetto è, in buona parte, da ascriversi agli scomposti ormoni di un capo militare.

Anche durante la II Guerra Mondiale vi furono Generali di opposti fronti che sacrificarono contemporaneamente a Marte e a Eros, il più famoso tra essi fu Dwight D. Eisenhower, Comandante in capo degli Alleati (e che diventerà anche il 34° presidente degli Stati Uniti), che ebbe per amante la sua autista, la Caporale Kay Summersby. Sarebbe ingiusto, però, ritenere che gli allupati incoscienti stiano tutti tra i militari perché la storia – specialmente quella degli ultimi anni dell’umanità – ci dice che l’animosità ormonale del potere politico surclassa di gran lunga quella dei militari. E non da oggi.

Agli inizi del 1948 un interrogativo pulsava nella mente di Alcide De Gasperi: “E adesso che ce ne facciamo di Sforza?”. Era successo, infatti, che per quanto lui ne avesse proposta la candidatura alla presidenza della repubblica al posto di Enrico De Nicola, il Ministro degli Esteri Carlo Sforza dovette rinunciare al Quirinale perché erano venute fuori storie di amanti che lo coinvolgevano molto da vicino. Beninteso che si trattava di storie normalmente goderecce che, al confronto di quelle di Arcore, di Palazzo Grazioli e della dacia di Putin, potevano considerarsi un capolavoro di discrezione e di signorilità. Della relazione, poi, intercorsa tra l’attrice Marilyn Monroe e il presidente americano John Fitzgerald Kennedy prima e il fratello Robert dopo è stato scritto di tutto, perfino che furono i Kennedy a volere la morte dell’attrice. I fatti probabilmente andarono in modo molto diverso perché colui che ancora oggi è ritenuto uno dei migliori presidenti USA fu, in realtà, un mediocre politico (l’escalation della guerra in Vietnam iniziò con lui, a voler sorvolare sulla Baia dei Porci…) e uno stakanovista del sesso come raccontava la stessa Marilyn Monroe: “Una sera a cena spinse la mano un po’ troppo su…”. Niente di nuovo sotto il sole perché ci furono perfino presidenti americani, come Andrew Jackson, accusati di aver contratto matrimonio con una donna già sposata.

Giusto al termine, dobbiamo spiegare al lettore che non siamo andati a dare un’occhiata nella vita privata di alcuni uomini di potere per pruderie ma soltanto per poter concludere che una responsabilità militare o politica imporrebbe comportamenti più sobri non per moralismo – perché la politica non ha mai sofferto di una tale malattia – ma per autodifesa: il Generale e il politico che prendono a intrattenere relazioni adulterine smettono di essere liberi nel momento in cui varcano la soglia di una stanza da letto che non è la loro. E non regge la giustificazione che la vita privata di un uomo di potere è una cosa e quella pubblica un’altra, perché in ogni momento “Il cuore di un uomo di Stato dovrebbe essere nella sua testa” (Napoleone Bonaparte – Aforismi).

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