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Cultura

AL TEMPO DEI PRIMI CRISTIANI

PAOLA VIOTTO - 07/12/2012

“Qui riposa in pace Simpliciano, innocente di Cristo. (…) Fu caro al Signore, dolce nei confronti dei genitori, affabile verso i fratelli”. Così recita il commovente epitaffio di un bimbo appartenente ad una famiglia cristiana e vissuto tra il V e il VI secolo, quando la nuova fede si stava un poco alla volta radicando nel nostro territorio. La sua lapide fa attualmente parte delle raccolte archeologiche dei Musei Civici di Villa Mirabello a Varese, ma venne trovata a Varese nell’Ottocento, mentre si facevano i lavori per l’apertura dell’attuale via Broggi in una zona in cui c’era allora un convento di Benedettine.

È una pietra danneggiata ai margini, scritta da uno scalpellino un po’ rustico, che ha tracciato lettere ben leggibili ma poco eleganti. Eppure la lunga iscrizione suscita ancora una forte emozione, perché attraverso i secoli trasmette il dolore e insieme la saldezza delle fede dei suoi genitori. In alto è decorata da un vaso tra due colombe, incise in modo approssimativo ma portatrici di un significato assolutamente chiaro, poiché nella simbologia cristiana rimandano alla beatitudine celeste. Il testo purtroppo non ci permette di sapere l’età esatta del bimbo, dato che la cifra che indicava gli anni si trovava nella parte rovinata. Dopo la parola anni resta però l’indicazione “undici mesi e ventuno giorni” che nella sua precisione ci comunica l’affetto del padre e della madre che contavano i giorni del loro piccolino e che dopo la morte l’hanno “affidato a questo tumulo” certi che abbia meritato di “elevarsi alla casa di Cristo”. Il testo esprime molto bene la concezione della morte e della sepoltura nella chiesa dei primi tempi, ricordando che il bambino “desiderò che il suo piccolo corpo venisse sepolto nella chiesa dei martiri, sicuro di comparire insieme a loro davanti al tribunale di Cristo”. Quando i morti risorgeranno nell’ultimo giorno, Simpliciano si troverà così accanto a loro, che potranno intercedere per lui.

Gli archeologi e gli storici hanno colto in questo testo anche l’informazione secondo cui allora a Varese (o comunque nelle immediate vicinanze) si trovava una chiesa dedicata ai martiri. C’era quindi già una presenza consistente di edifici cristiani sul territorio, come confermano i battisteri tuttora visibili di Castelseprio e di Arcisate e le scoperte archeologiche di resti di chiese assegnabili al V-VI secolo dove oggi sorgono San Lorenzo a Cuveglio, San Giulio a Cassano Magnago e San Vincenzo a Sesto Calende.

Ma le testimonianze più coinvolgenti restano quelle delle epigrafi, perché rievocano la memoria delle persone e trasmettono, sia pure attraverso formule fisse, l’immagine che gli individui di allora avevano della propria esistenza e della propria fede. Abbiamo così gli epitaffi dei sacerdoti Costanzio e Gaudenzio, sempre da Arcisate, ma anche quello di Montanarius “vir spectabilis comes”, che nel V secolo aveva ricoperto un incarico prestigioso nell’amministrazione dell’impero. La sua lapide, ritrovata frammentaria nella chiesa di San Vittore a Brezzo di Bedero, comunica il suo essere cristiano attraverso la formula “qui riposa in pace” e attraverso lo stesso disegno del vaso e delle colombe che ornava la tomba di Simpliciano.

“Qui riposa in pace” sono anche le parole con cui inizia l’epitaffio di Onorata, morta a ventisei anni nel marzo del 465 e sepolta a Velate. Ancora la stessa formula apre il testo dell’epigrafe tombale di un altro bambino, Stefano, “servo di Cristo”, morto all’età di circa cinque anni e sepolto a Taino nel 549.  Sulla sua lastra tombale appare anche il monogramma di Cristo, nella forma della croce intrecciata con la lettera Rho greca. È uno dei simboli cristiani più noti, che venne diffuso da Costantino come segno di vittoria dopo la battaglia di Ponte Milvio Qui compare sulla tomba di un bimbetto del contado, segno di una vittoria più grande, la vittoria di Cristo sulla morte.

(seconda di due puntate. La prima è stata pubblicata l’1.12.12

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