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Opinioni

QUALE RUOLO PER I MODERATI

LILIANO FRATTINI - 14/12/2012

Capita alle volte di riflettere: spesso ci imbattiamo in un florilegio di accadimenti assurdi che il logorìo della tolleranza non riesce più a fissare nella lista delle cose da buttare. Fateci caso: nascita del Governo Monti. Si era appena concluso il giuramento al Quirinale dei ministri, l’inchiostro delle firme era ancora fresco quando il ronzìo di certi calabroni – parlamentari ha cominciato a disturbare il momento di quiete. I soliti peones telecomandati andavano ripetendo che la “concessione governativa” aveva una scadenza, inappellabile e che il conto alla rovescia era già scoccato. Non si illudessero i tecnici, il professore di andare al di là dell’assegnazione temporale.

Capiamoci: gli eletti dalle segreterie dei partiti spendevano pezzi e bocconi di illogica politica perché “preoccupati per le sorti del Paese”, convinti che il gesto del dimissionario Berlusconi rientrava nel servizio che l’illuminato aveva reso e avrebbe continuato a rendere all’Italia, una e indivisibile. In altre parole dovevamo, noi sudditi, convincerci che non c’era sotto alcun proposito egoistico, meschino ma purezza di sentimenti!

E la giostra di Montecitorio e Palazzo Madama ha cominciato a girare fra uno scoppiettio di petardi fatti esplodere da subito per tener desta l’attenzione del Governo verso la costante e crescente possibilità che se volevano, “loro” o “lui”, potevano farlo cadere, quando sarebbe a lui piaciuto, segno di un potere di casta che aveva avuto il suggello dai milioni di voti ottenuti nella consultazione elettorale.

Siamo andati avanti così, in modo sussultorio e ondulatorio, aggiornati dalle cronache dei quotidiani e delle riviste che registravano le permanenti inquietudine dei partiti, tutti, preoccupati di assicurare ai provvedimenti e alle misure legislative del Governo Monti un placet che assicurasse i propri elettori che “gli interessi del popolo” erano stati tutelati seppur di fronte a una ostinazione dell’esecutivo che serbava il proposito di “fare gli interessi delle banche” o secondo i nostalgici della “lotta dura senza paura” quelli “della grande finanza”.

Il rigore ha comportato quei risultati in campo internazionale di credibilità che tutti conosciamo e in Italia ha segnato una svolta nei processi di rielaborazione economica e programmatica che non mancheranno, dicono gli esperti, di segnare una credibile crescita fin dal prossimo anno. Certo molte misure adottate costano di più sulla pelle di chi è disoccupato, precario, pensionato, artigiano, piccolo imprenditore, coltivatore. Ma l’eredità della quasi ventennale (diciassette anni!) gestione Berlusconi era così tragica che pannicelli caldi e soddisfacimento delle richieste corporative avrebbero condotto il Paese alla disfatta.

Adesso guardiamo con fiducia al prossimo appuntamento elettorale che vede il PD di Bersani favorito, considerato lo sfaldamento e la liquefazione di un partito, il PDL, a causa degli altalenismi del suo fondatore. In discussione il ruolo dei moderati, un settore vitale dell’Italia che gira in questi giorni attorno a Montezemolo e Riccardi non ignorando il ruolo dell’UDC di Casini. Sempre vivo è l’ingombrante (per i partiti) attivismo del Movimento 5Stelle di Beppe Grillo cui i sondaggi attribuiscono l’elezione di un centinaio di deputati. Non dimentichiamoci l’apparentamento fra Bobo Maroni, segretario della Lega e l’ex ministro Tremonti. Senza trascurare le possibilità di impegni governativi per Mario Monti e altri esponenti della compagine.

Sarebbe bello che una volta definito l’assetto di chi siede a Palazzo Chigi si evitasse il giorno dopo il vezzo di pronosticare già la composizione di quello che verrà dopo tre-quattro-cinque anni profondendo, invece, ogni sforzo per risanare l’Italia, consentendo alla classe politica di recuperare la sua dignità e il suo ruolo insostituibile: bene i tecnici ma ancor meglio l’alta funzione della politica, la cura e la difesa della “polis”, di tutti noi cittadini e elettori. La partecipazione alle recenti primarie ha dimostrato che gli italiani amano la politica, amano esprimere liberamente il loro parere e vogliono scegliere loro, e non le segreterie dei partiti, chi li deve rappresentare perché ogni deputato risponda direttamente delle sua attività a coloro che l’hanno scelto.

Un’impresa impossibile?

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