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Libri

ENIGMI DEL PRESEPE

SERGIO REDAELLI - 14/12/2012

Presepi enigmatici e misteriosi. Dettagli che raccontano retroscena poco noti della nascita di Gesù accanto alla classifica iconografia della capanna di Betlemme con il bambino deposto nella mangiatoia, la Madonna, san Giuseppe, il bue e l’asinello. Sono particolari bizzarri, interpretazioni originali e personaggi misteriosi che sfuggono alle regole del classico presepe e che popolano la “scena di Natale” in trenta capolavori del passato dei maestri lombardi.

“La natività di Gesù ha tante versioni quante sono le voci che la narrano” spiega Chiara Gatti, collaboratrice di Repubblica, storica e critica d’arte, nell’incipit del libro “Insolite Natività – Un itinerario d’arte in Lombardia” (Interlinea, Novara) che sarà presentato mercoledì 19 dicembre alle 17.30 alla Galleria Ghiggini con il patrocinio dell’Università dell’Insubria e del Centro internazionale di ricerca per le storie locali e le diversità culturali. Interverranno anche Gianmarco Gaspari dell’Università dell’Insubria, Serena Colombo storica e critica dell’arte e Filadelfo Ferri, preside dell’Istituto Rosetum di Besozzo.

Spesso anche a Varese le rappresentazioni insolite della nascita di Gesù decorano i monumenti che crediamo di conoscere meglio e ci rivelano insospettabili narrazioni artistiche e religiose. Così “l’affresco della Natività nella cripta del santuario del Sacro Monte, ingenuo nelle forme fiabesche che strappano un sorriso davanti al bambinone rubizzo grande quanto le nutrici”. E, in epoca carolingia, il ciclo degli affreschi absidali in Santa Maria Foris Portas a Castelseprio che raffigura Maria distesa sul pagliericcio, “stremata dal parto e appoggiata sui gomiti con naturalezza” e racconta “il dramma della levatrice scettica che si bruciò la mano testando la verginità della Madonna”. O, ancora, l’affresco trecentesco della Natività nel battistero di Varese “con il “bagnetto” di Gesù Bambino, sostenuto amorevolmente da una levatrice, che intenerisce il pubblico con un racconto sacro che ha tutta l’aria di una fiaba”.

A Castiglione Olona Masolino da Panicale (1383-1440) realizzò l’utopia del cardinale umanista Branda, affrescando la Collegiata, la chiesa della Beata Vergine e il battistero con episodi della vita di Maria e del Battista, incantevoli come un romanzo cortese. “Colori tenerissimi e irreali – dice ancora Chiara Gatti – disegnano qui una natività simile a un invito galante per un ballo cortigiano, mentre Masolino sfida l’assetto acuto delle vele della cupola, costruendo architetture che paiono dilatare lo spazio, che s’incastrano fra le nervature, forzando la prospettiva verso un’altra dimensione”. È la magia della pittura colta “che inganna l’occhio e, insieme, lo strega con favole gotiche pronte a sposare il “gran teatro” del Rinascimento.

Forse non tutti sanno che gli affreschi di Castiglione rappresentano l’unica opera superstite firmata dal maestro di Panicale il cui nome appare, proprio sulla scena della natività, nel cartiglio “Masolinus de Florentia Pinxit”.

Colto e raffinato, ma aperto al gusto dell’aneddoto e al dettaglio capace di colpire l’immaginazione del lettore-visitatore, il libro passa in rassegna curiosità e aspetti originali della rappresentazione della natività in numerose chiese lombarde. Si va dal significato della prima immagine di Cristo in fasce nel Sarcofago di Stilicone, capolavoro della scultura paleocristiana in Sant’Ambrogio a Milano, “strizzata dalle bende arrotolate lungo tutto il corpo, simile a una mummia deposta in un sepolcro, dove la figura di Gesù allude, oltre al tema della vita, anche a quello della morte”, al sonno dei Re Magi, ritratti nei lettini colorati come quelli dei bambini in Sant’Abbondio, a Como. Si va dalla curiosa tenuta da viaggio di san Giuseppe, che si scopre avere lasciato sola Maria nel momento del parto per correre alla ricerca di un’ostetrica nell’immagine che si ammira fra le vetrate del Duomo di Milano, alle sfilate cortesi nelle adorazioni del Quattrocento, fino alle notti buie, rischiarate da luci improvvise, nel secolo cupo della Controriforma.

Spiega l’autrice: “Accanto alle versioni ufficiali del sacro evento, quelle riportate dai Vangeli e a cui sono legate le iconografie più classiche, esistono molte varianti frutto di tradizioni parallele o vicende bizzarre, come quelle raccolte nei testi dei Vangeli apocrifi con le loro allusioni misteriose o esoteriche. Oppure quelle affidate alla libera interpretazione di lettori inconsueti o di artisti che, nel corso dei secoli, forti di un estro creativo straordinario, hanno arricchito di dettagli, toni e aneddoti l’episodio della nascita di Cristo”. Un’abbondanza “dovuta al fatto che l’iconografia di origine medievale fu elaborata sulla base delle descrizioni, molto stringate, riportate nei Vangeli di Luca e Matteo che, data la penuria di particolari, favorirono la fantasia degli interpreti, bravissimi nell’infiorare dati un po’ smilzi rimescolandoli ad altre fonti, a volte pagane, come le leggende, o persino a revisioni del Vecchio Testamento e dei simboli distillati nei testi dei profeti”.

Aurelio e Giovan Pietro Luini, figli di Bernardino, il maestro leonardesco di cui ereditarono i cantieri in Lombardia, firmarono a quattro mani una Adorazione dei Magi nella chiesa claustrale di San Maurizio a Milano. “Correva il 1565 – scrive la Gatti – quando costruirono una sfilata sontuosa che, alla delicatezza della Vergine e del Bambino, nei loro lineamenti minuti ed eterei, contrappose un fluire di ori e stranezze esotiche, degne di un corteo circense. Cammelli e animali selvatici animano lo sfondo e i paramenti militari delle figure armate di scimitarre. In primo piano, un nano con la tigre al guinzaglio occhieggia verso lo spettatore e recupera un mondo fiabesco e cortese destinato a scomparire con la severa riforma borromaica. Restando in San Maurizio, l’Adorazione dei Magi del 1578 del cremonese Antonio Campi (1524-1587) aderisce al dettato di Carlo Borromeo e a un’idea di arte sacra ripulita di orpelli e fantasie, per riportare l’attenzione sui puri valori devozionali e il coinvolgimento profondo dei fedeli”.

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